I problemi non finiscono a Mirabello

Voglio evitare di cadere nell'ovvio: sacramentare contro Gianfranco Fini, sport ampiamente diffuso all'indomani del pavido discorsaccio di Mirabello. Desidero però analizzare la vera profonda ferita, mai curata, che è venuta a galla in questi ultimi tempi fra le burrascose gore del centrodestra nazionale: dalla fusione nel Pdl ad oggi gli uomini e le donne provenienti da An si sono ritrovati privi della loro stella. Ecco il punto. Le strabordanti fila dei forzitalici iperbelusconiani hanno monopolizzato il tessuto autentico del partito con un economicismo esasperato e talvolta con una certa improvvisazione gestionale (non mi riferisco a Genova in questo caso).
I leghisti e i loro vicinanti, come il ministro Tremonti, si sono invece accaparrati quell'appeal sociale e quell'intransigenza che tanto erano cari agli ex missini e alla loro tradizione. Nel frattempo Fini Gian Franco è andato a sbattere in Alessandro Campi, immergendosi nel suo scopiazzato sarkozysmo che occhieggia alla sinistra liberal per tanti, troppi versi; abbandonando «de facto», e a breve anche «de iure», il proprio elettorato e il suo sapere. Così, alcuni ex missini già inseriti nell'establishement si sono abbarbicati al potere seguendo Berlusconi, altri hanno preferito prendere la deriva finiana intravedendo in essa il controcanto al berlusconismo, taluni (pochi) si sono rifugiati nella Destra storaciana, piuttosto rude e fuori dal tempo. Troppi, la maggioranza, si sono ritrovati delusi e confusi senza un vero punto di riferimento, diversi per costituzione dai berlusconiani, politicamente assai raffinati e dunque impossibilitati ad identificarsi nella rozzezza leghista, lontani ormai da Fini e dalla sua politica sabotatrice.
In questo buco nero si agitano i fantasmi più autentici del centrodestra italiano, le tare ancestrali che impediscono e, temiamo, impediranno ancora per lungo tempo la coesione del partito unico. Fini è solo la punta dell'iceberg destinata a sciogliersi come neve al sole. Sotto c'è il ghiaccio duro, quello che resiste e vuol venire alla luce.

Anche nella nostra città si muovono questi spettri e lo dimostrano lo scontento, le incongruenze, le diatribe continue, la confusione che regna sotto il sole. La dirigenza locale del partito poco può fare di fronte al marasma sotterraneo. Se non avere coscienza della minaccia e tenerne conto. È a livello nazionale che si deve trovare una soluzione.

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