Politica

I processi ripartono. Ma sono destinati a cadere

Le conseguenze per Berlusconi. I collegi giudicanti sono cambiati e si deve ricominciare da zero E incombe la prescrizione

Milano È andata a finire come i giu­dici di Milano prevedevano che fi­nisse: una vittoria non pienissima, ma che comunque permette la ri­partenza dei processi a carico di Sil­vio Berlusconi. Ovvero, «una deci­sione di grande equilibrio come era lecito attendersi dalla Corte Co­stituzionale », secondo la sintesi di Alfredo Robledo, procuratore ag­giunto, che delle inchieste a carico del premier è stato uno dei protago­nisti. Ma la stessa Procura che oggi incassa con soddisfazione la deci­sione della Consulta è pienamente consapevole che la strada per arri­vare alle sentenze a carico del Cava­liere è ancora lunga e accidentata: tanto da rendere del tutto verosimi­le che a quelle sentenze, in realtà, non si arrivi mai. Tanto per cominciare, la ripar­tenza dei tre processi attualmente congelati non sarà affatto immedia­ta. Perché la macchina giudiziaria si possa effettivamente mettere in moto, non basta la lettura del dispo­sitivo avvenuta ieri da parte del pre­sidente della Corte, Ugo De Siervo. Serve anche che la sentenza venga pubblicata per esteso sulla Gazzet­ta Ufficiale. E i tempi, tra stesura e stampa, in genere non sono stretti. Nel caso assai simile del «lodo Alfa­no », bocciato dalla Consulta nel­l’ottobre 2009, la prima udienza si riuscì a tenere solo quaranta giorni dopo. E stavolta le cose saranno an­cora più complicate. Sul tavolo di Livia Pomodoro, presidente del tribunale milanese, ci sono infatti una serie di scelte non facili. Dopo la pubblicazione della sentenza della Corte Costitu­zionale, a fissare le nuove udienze saranno i giudici che stavano pro­cessando il premier e che avevano impugnato davanti alla Consulta la norma sul legittimo impedimen­to. Il problema è che nel frattempo la maggioranza dei giudici hanno cambiato posto, su loro stessa ri­chiesta. Il processo per la vicenda dei diritti tv, che vede Berlusconi imputato di falso in bilancio e ap­propriazione indebita, ha perso l’intero collegio giudicante:il presi­dente Edoardo d’Avossa se n’è an­dato a La Spezia, la giudice a latere Maria Teresa Guadagnino ad un’al­tra sezione, la sua collega Irene Lu­po al tribunale fallimentare. Il pro­ces­so per la corruzione dell’avvoca­to Mills è rimasto senza la presiden­te, Francesca Vitale, andata in Cor­te d’appello. L’udienza prelimina­re per l'inchiesta Mediatrade non ha più il suo giudice, Marina Zelan­te, anche lei trasferita. E adesso? Alcuni dei magistrati potrebbero chiedere di restare al vecchio po­sto solo per concludere il lavoro e iniziato.Ma per due di loro,d’Avos­sa e la Vitale, è improbabile che questo possa accadere. Quindi tut­to riparte dall’inizio, a meno che i difensori degli imputati non diano il consenso a tenere per buoni gli atti già compiuti. Ipotesi assai im­probabile, e anzi i legali di Fedele Confalonieri - coimputato del pre­mier nel caso dei diritti tv - hanno già fatto sapere che non ci pensano nemmeno. Quindi i processi si az­zerano, si riparte dall’inizio, e la prospettiva più probabile è che tut­to sia dichiarato prescritto con la sentenza di primo grado. Ma non sarà un percorso indolo­re. Perché comunque la macchina delle udienze dovrà rimettersi in moto, e prima di arrendersi allo scorrere del tempo la Procura in­tende battersi giorno per giorno. D’altronde la sentenza della Corte assegna proprio ai giudici il compi­to di valutare caso per caso se gli impegni governativi dell’imputato Berlusconi costituiranno impedi­mento legittimo o pretesto per tira­re tardi: e ogni volta questo, come accadeva in passato, darà vita ad ec­cezioni, camere di consiglio, ricor­si.

Fabio De Pasquale,il pm che rap­presenta l’accusa in tutti e tre i pro­cessi al premier, sta già scaldando i muscoli.

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