Politica

«I Radicali con l’Unione? Un errore, è meglio il centrodestra»

Della Vedova: «Con Taradash e altri riformisti ci stiamo muovendo per aprire uno spazio politico nella Casa delle libertà. A sinistra ci hanno sempre definito “eversivi’’ e “reazionari’’»

Adalberto Signore

da Milano

«Sono anni che nel Partito radicale pongo il problema di una politica delle alleanze che ci consenta di tornare in Parlamento. Fino a un mese fa mi è stato detto che per noi era impossibile, poi in pochi giorni si è deciso che in fondo una scelta poteva essere fatta e si è iniziato a lavorare sulla partecipazione al cartello elettorale prodiano». Benedetto Della Vedova, economista, eurodeputato radicale dal ’99 al 2004, oggi membro della direzione del partito, ha più di una perplessità sulle ultime scelte di Pannella e compagni. Perché dopo la vicenda dell’ospitalità alle Regionali, la convergenza referendaria con i Ds e lo scontro con la Cdl (considerata ormai una sorta di polo clericale), i Radicali hanno spostato decisamente il loro baricentro verso l’Unione di Romano Prodi.
Una scelta che non la convince?
«Be’, quando io parlavo di alleanze mi rispondevano che la mia era “la politica del nulla”. Emma Bonino si è spinta a dire che se fosse prevalsa la mia linea lei non avrebbe avuto più nulla a che spartire con i Radicali mentre Marco Pannella mi ha invitato a guardare altrove, in particolare alla Margherita».
E invece lei guarda dall’altra parte?
«Io dico che si sceglie il cartello prodiano passando attraverso un alleanza con lo Sdi e abbandonando anche l’ipotesi dell’ospitalità. Di questo bisogna prenderne atto. Si è scelta una coalizione più sintonica su un tema come quello della laicità emblemizzato dall’opposzione alla legge 40, un tema comunque controverso visto che non mi pare che l’Unione abbia nel suo programma l’abrogazione della 40. Ecco, dico che in nome di questo si è disposti ad arrivare in Parlamento a fianco sì di alcuni liberali, ma pure dei pacifisti “senza se e senza ma”, degli antiamericani espliciti, dei giustizialisti, del verdi “ogm-free” e dei comunisti contrari alla legge Biagi. Capisco che in questo momento l’investimento sull’Unione appare vincente, ma sostenere un pezzo storico del sistema di potere come Prodi...».
Insomma, non è d’accordo sulla strada intrapresa?
«Il presupposto è che non è realistico pensare che i Radicali possano condizionare in modo decisivo una delle due coalizioni. La scelta, quindi, deve rispondere a criteri diversi, di prospettiva. Nell’ultimo decennio noi siamo stati la forza più radicalmente liberale e filoamericana, quindi più “antisinistra italiana”. Non solo sulla guerra, ma pure sulle politiche economico-sociali, sul mercato del lavoro, sulla giustizia. Non è un caso che l’establishment di sinistra ci abbia più volte definito “eversivi” o “reazionari”. Insomma, una sinistra che si accingesse a compiere una rivoluzione “blairiana” non avrebbe mai linciato con tanta violenza l’internazionalismo democratico di Pannella e della Bonino. Invece, c’è stata un’improvvisa e poderosa accelerazione verso il centrosinistra senza neanche il tempo di discuterne negli organismi del movimento».
Pensa che per i Radicali ci siano condizioni più favorevoli nel centrodestra?
«Sarebbe una scomessa anche questa, ma potenzialmente foriera di maggiori risultati politici. La Cdl ha in parte disatteso le speranze della riforma liberale, ma dice di volerne essere ancora interprete sul piano culturale e politico».
Quindi?
«Sono convinto che proprio questa crisi possa finire per spingere sull’acceleratore della modernizzazione liberale. E sono sicuro che Silvio Berlusconi è il primo ad esserne convinto. È una sorta di condanna: per gestire l’esistente il centrosinistra è più attrezzato, ma una ripresa dello spirito riformatore berlusconiano del ’94 riveduto e corretto è la scommessa a cui i Radicali dovrebbero guardare. È per questa ragione che con Marco Taradash e altre persone di storia politica radicale, liberale e riformista, ci stiamo muovendo per aprire uno nuovo spazio di politica liberale e liberista nel centrodestra».
Sul referendum sulla procreazione, però, le posizioni della Cdl sono state molto distanti dalle vostre.
«Il referendum ha dimostrato che nella Cdl una maggioranza conservatrice e attenta alle indicazioni della Chiesa non ha impedito un esercizio della libertà di coscienza perfino a ministri e leader. E non mi sembra che l’Unione sia indifferente alle pressioni del Vaticano. Ripeto, non si sceglie tra la migliore delle coalizioni possibili, ma tra una delle due».
Questo gruppo di radicali di cui ha parlato, sarrebbe anche disposto a confluire in un eventuale partito unico del centrodestra?
«La prospettiva del partito unitario, sempre nell’ambito di un sistema bipolare, sarebbe una sfida affascinante per i Radicali. Ma anche se si arrivasse ad un nulla di fatto, la voce liberista e liberale dei Radicali troverebbe maggiore accoglienza e possibilità di esprimersi nella Cdl. E questo a partire dalla forza politica e riformatrice ancora inespressa di Forza Italia. Insomma, l’ambizione è di offrire un contenitore a quegli elettori del centrodestra legati a un grande progetto di trasformazione liberale del mercato e delle istituzioni e insoddisfatti non della moderazione ma del moderatismo che troppo spesso è prevalso all’interno della coalizione. Se questa ipotesi dovesse trovare conferma, la metteremmo subito sul tavolo della discussione sulle alleanze dei Radicali. Come ulteriore possibilità, da scegliere o scartare. Poi si vedrà. È per questo oggi non mi sento un “ex”».


È pensabile che alle prossime politiche tra i simboli dei partiti della Cdl ce ne possa essere uno uno che fa riferimento a una sorta di area «neoradicale»?
«La cosa migliore sarebbe avere il simbolo dei Radicali».

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