I «repubblicones» sono davvero unici Per nostra fortuna

Caro dott. Granzotto, dopo tanti anni sono costretto a scriverle perché per la prima volta non sono completamente d’accordo con lei. Va bene: «repubblicones» non ha singolare e così è senza diritto di replica. Ne sono stato sempre convinto. Ma, per favore, non mi giustifichi la cosa, che in fondo è una questione minima, andando a sconvolgere altre mie consolidate convinzioni: silo, mural, vigilante e peon (anche al netto degli accenti richiesti dallo spagnolo) «devono» essere la forma corretta per il singolare. Il plurale per il singolare non riesco proprio a scriverlo e pronunciarlo. Allora perché sono d’accordo su «repubblicones»? Semplice: si tratta di un archetipo umano definito con nome terminante per «s» e in questo ricalca un precedente discrimine che definiva i «nardones» in contrapposizione ai «leccobardi». E su queste definizioni sarebbe offensivo aggiungere altro per il Maestro... Apriamo un concorso d’idee per la definizione della categoria contrapposta a «repubblicones»? La saluto con la deferenza del discepolo.
San Donà di Piave (VE)

Sull’argomento si potrebbe «aprire un tavolo di dialogo&confronto», caro Di Cocco, e andare avanti per chissà quanto tempo a spaccare il capello in quattro. La regola per le parole straniere, mi riferisco a «peon/peones», tanto per stare al gioco, è che in un contesto italiano non si declinano al plurale. Dovrebbe dunque dirsi e scrivere «un peon», «sei peon». Però c’è un però: se la parola in questione irrompe nella nostra lingua al plurale - è il caso, la butto là, di «avances» e, ovviamente, di «peones» - plurale resta, anche al singolare (lei scriverà «un paio di jeans» e non «un paio di jean»). Restando allo spagnolo (vede? Gli esempi son come le ciliege, una tira l’altra) e riferendosi ai gustosi stuzzichini iberici lei non oserebbe chiedere al barman di Gabicce Mare «una tapa», ma sempre reclamerà, che sia una o siano più, delle «tapas». Per quanto riguarda il «silos», la faccenda è ancor più complicata: di stampo latino (viene da «sirus» ovvero granaio) il vocabolo è approdato all’italiano provenendo dallo spagnolo. Come lei giustamente osserva dispone quindi, nella materna nostra lingua, di un singolare, «silo» e di un plurale, «sili». Tuttavia, la lingua parlata (e a seguire quella scritta) gli ha preferito la forma spagnola e, come non bastasse, ohibò, declinata al plurale. Quegli edifici a più piani adibiti a parcheggio, come vengono chiamati? Non autosilo e nemmeno autosili, bensì autosilos. Non è giusto, è un errore però noi cosa ci possiamo fare, eh?, caro Di Cocco? Resta comunque stabilito - e lei ne ha preso debitamente atto: bravo - che in tutto questo volteggiare di «s» lecite e illecite repubblicones avrà la sua anche al singolare, perché vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole e il colà sta per il mio domicilio. Interessante, a questo punto, è la sua sfida: come chiamare il novero contrapposto all’orda dei repubblicones? Ci sarebbe da sbizzarrirsi e anche da divertirsi, ma il fatto è che i repubblicones sono unici, non hanno schieramenti politico-editoriali a loro immagine coi quali misurarsi. Essere repubblicones vuol dire avere un ottuso animo giacobino, sentirsi titolari di tutte le virtù civili, giudici di ciò che è buono e giusto, arbitri del bello e cattivo tempo, fonte primaria della morale e delle sue questioni. Vanagloriosi smargiassi, insomma. Quanto di più lontano dall’indole liberale, che coltiva la razionale pratica del dubbio, che non dà nulla per scontato, che ha orrore degli slogan, delle parole d’ordine, delle frasi fatte e dei luoghi comuni.

E siccome non si scappa, gli antirepubblicones dovrebbero essere arruolati nell’area liberale, diciamo pure di destra, niente da fare per mancanza di materia prima. Meglio così perché mettersi, anche per contrapporvisi, con quella gente, no, caro Di Cocco, non è cosa.

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