ParigiDopo una lunga carriera in Toyota, in tre anni alla Ford lamericano Jim Farley si è guadagnato i galloni di responsabile marketing, sales e services per lintero gruppo e la fiducia del presidente Alan Mulally, a cui risponde direttamente. È dunque uno degli uomini chiave della strategia di rilancio dell'Ovale, basata su una visione globale, unimmagine unica della marca e prodotti pensati per tutti i maggiori mercati.
Già altre case hanno puntato sulle «world car», ma in passato questa strategia non ha dato i risultati sperati. Perché dovrebbe funzionare adesso per Ford?
«Ci sono due ragioni per crederci. La prima sono le aspettative convergenti dei consumatori, a cominciare dal tema dei consumi di carburante, ma anche riguardo alle dimensioni dei modelli, che in Europa sono cresciute e in America hanno cominciato a ridursi. La seconda è il nuovo approccio di Ford, che ha deciso di focalizzare le proprie attenzioni per fornire su tutti i mercati il più elevato standard possibile, mantenendo al tempo stesso prezzi accessibili».
Crede che per gli americani sia davvero venuto il momento di passare dai mastodontici pick-up alle utilitarie e dai V8 aspirati ai piccoli motori sovralimentati?
«La fuel economy è oggi uno dei temi fondamentali negli Usa. Lera degli sprechi di spazio e carburante è definitivamente tramontata. Difatti, abbiamo deciso di equipaggiare i nostri modelli con i motori EcoBoost e con i Diesel che vanno per la maggiore in Europa».
Il primo modello Ford venduto su tutti i maggiori mercati è la Fiesta. Con quali risultati?
«Oltre un milione di unità vendute. E spesso ben accessoriate. A dimostrazione che Fiesta ha saputo conquistare una clientela più ricca ed esigente. Negli Usa oltre il 20% dei clienti la sceglie con gli interni in pelle. E la California è lo Stato dove si vende meglio».
Vede un'insidia nello sbarco oltre Atlantico della Fiat 500?
«La 500 è un bel prodotto, ma di nicchia. Comunque, può portare ulteriore attenzione sulle vetture di piccole dimensioni, a beneficio anche dei nostri prodotti».
I gusti dei consumatori convergono anche nei Paesi Emergenti?
«Sì, soprattutto riguardo alla tecnologia per la sicurezza. I cinesi, come i brasiliani, sono disposti a pagare qualcosa di più per averla a bordo. Fa eccezione lIndia, un mercato che rimane molto sensibile al prezzo».
Dopo aver ceduto Jaguar, Land Rover e più di recente Volvo, Ford è rimasta senza marchi «premium». Non è un rischio?
«Beh, abbiamo ancora Mercury...»
Che vi chiedete se tenere in vita o no...
«Intanto, come ha fatto Citroën con la linea Ds, puntiamo su soluzioni che consentano di personalizzare le vetture, per esempio le versioni St. Non ci nascondiamo, però, che per il lungo termine dovremo continuare a chiederci se al marchio Ford sia opportuno affiancare nuovamente un brand che sia espressione del lusso e della sportività».
Con il boom dei «social network» su Internet, come sta cambiando il modo di presentare e vendere le auto? E qual è lapproccio di Ford?
«I social network sono un formidabile strumento di coinvolgimento della gente.
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