Togliamoci il dente subito, tanto per giorni a Roma non si parlerà daltro. «Tagghiamo», come si dice in gergo, le parole-chiave della settimana, che sono due: «sgambetto» e unaltra che inizia sempre per «s» e fa rima, ma che mezza città (diciamo pure: due terzi) non vuole nemmeno pronunciare. È la settimana del derby, santa sempre, stavolta ancora di più come accade quando una delle due squadre è in testa al campionato - e a queste latitudini capita di rado davvero. La Roma sogna. E la Lazio pure: di sporcare la favola giallorossa, tagliando al montaggio il lieto fine, con il principe azzurro che fugge alle Mauritius con unaltra e vissero tutti infelici e scontenti. Dite che è una soddisfazione da meschini? Girate pagina, per favore: questo è pane per tifosi.
Mica solo i tifosi, del resto, ragionano così. Ieri Cristian Ledesma, centrocampista biancoceleste, era così felice di aver evitato domenica a Bologna quel cartellino giallo che avrebbe significato squalifica e ciao derby, da cinguettare parole dolci ai tifosi dellaltra metà della Roma pallonara: «I giallorossi sono galvanizzati dai risultati favorevoli ma si troveranno davanti lunica squadra (e lunica tifoseria) del campionato italiano pronta a disputare la partita della vita, e a fare lo sgambetto della vita: sarebbe davvero bello se riuscissimo in questa impresa». Righe controfirmate da centinaia di migliaia di aquilotti sedentari: magari loro userebbero parole (e parolacce) diverse, ma il concetto, insomma, è quello.
Dallaltra parte del Tevere calcistico si tace. Cè il sospetto di una nuova mentalità non solo nella squadra di Ranieri, qualche volta un po racchia ma sempre capace di trovar marito, ma anche nei tifosi. Che domenica, pur nellentusiasmo della vittoria e della facoltà per la prima volta, dopo anni di inseguimento, di fare un po di ombra allInter, mai nellOlimpico incandescente hanno intonato il classico coro «Vinceremo il tricolor». Messaggio ai naviganti forte e chiaro: sognare va bene, ma meglio restare con i piedi per terra. E latmosfera, alluscita dello stadio, era quella giusta: la voglia di godersi il momento, di strombazzare oggi non per amor di illusione o per nocivo trionfalismo (ricordate il giro di campo di Dino Viola in compagnia dellallora sindaco Ugo Vetere prima del mortifero Roma-Lecce del 1986?) ma per sano realismo quirite: chissà se si potrà far bagordi tra una settimana, non parliamo poi del 16 maggio. È questa la vera notizia di stagione, questo il vero miracolo di Claudio Ranieri, oste capace di cucinare una minestra da tre stelle con gli ingredienti a disposizione.
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