I tassisti minacciano Prodi: «Ci vediamo il 25»

I tassisti: «Siamo cavalli sciolti. La precettazione non ci preoccupa»

(...) Quel viale che è solo accesso «da e per Linate» è una coda immobile punteggiata di auto bianche con un denominatore comune: «Fuori servizio». Scritta che fa venire il sangue agli occhi alle vittime dello scontro anti-liberalizzazione. La polizia è costretta a sedare gli animi di chi impreca, maledice tassisti per infinite generazioni e tenta pure l’assalto ai duri e puri delle auto bianche. Assalto immortalato dalle telecamere sotto gli occhi di chi boccheggia sulla 73 che va a passo di lumaca.
Immagine che non smuove a pietà Alfonso Faccioli. Il leader dei ribelli del sindacato autonomo Cat e membro della segreteria milanese della Margherita promette una replica il 25 ottobre, «accoglieremo più che degnamente Romano Prodi». Precettazione? «Nessuna paura. Se la vede la polizia bussare alla porta di cinquemila tassisti? Io no e poi, noi, siamo cavalli sciolti che leggono von Clausewitz e conoscono la storia dei maramaldi e dei condottieri, il triste destino di Francesco Ferrucci e di Fabrizio Maramaldo. Che c’entra? Be’, è chiaro: chi infierisce su un “uomo morto”, è il governo Prodi».
Excursus che non strappa il sorriso di chi a piedi, con valigie e sotto il sole arriva a Linate: «Ho l’aereo che parte tra un’ora per dieci giorni di vacanza attesi da un anno, se lo perdo che faccio? Chi me lo rimborsa?», «Non me la sento di dar addosso ai tassisti che protestano contro ’sto governo ma il disagio lo pago io e non loro», «Queste cose sono roba dell’altro mondo e la colpa è di Prodi». Leit motiv sgranati passo dopo passo come fossero un rosario anche a Malpensa dove la protesta mette in difficoltà la rete viabilistica della zona, mentre Raffaele Grassi presidente del sindacato tassisti Satam e consigliere comunale della lista Ferrante precisa che «la politica non c’entra» e che «l’importante è salvare il nostro lavoro».
Situazione davvero imbarazzante sia per Faccioli sia per Grassi, entrambi in piazza a organizzare manifestazioni contro quel centrosinistra che politicamente sostengono e che li ricambia con i pugni in faccia, «quella tra noi e il ministro Bersani è una lotta tra due pugili dei quali uno gioca scorrettamente» chiosa Faccioli. Lettura dei fatti seguita dalle critiche a «quel decreto che ammazza la categoria» e che ridiventa tema di passione alle diciassette con l’ennesimo vertice accompagnato da una certezza: «Non ci faremo prendere di nuovo in giro, lo sappiano Rutelli, Bersani e Prodi».

Avvertenza che l’alternativa al decreto è sempre quella di mandare Milano in tilt, «anche se la giunta guidata da Letizia Moratti non intende ricorrere al decreto». Prossima mossa, dunque, le tangenziali «a venti chilometri l’ora, magari quando Prodi sbarca a Milano in pompa magna».

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