I terroristi avvertono: «Colpiremo Cofferati»

da Bologna

C’è la minaccia: sta per partire una lunga stagione di guerra. E ci sono gli obiettivi. Quello figurato: la nascita del Partito democratico. E quello in carne e ossa: il sindaco di Bologna Sergio Cofferati. L’ombra minacciosa del terrorismo si riaffaccia nella città delle Due Torri. A suscitare allarme sono tre volantini identici recapitati ieri alle redazioni locali di la Repubblica e Corriere della Sera e a quella del Resto del Carlino. La Digos è cauta. Le missive conterrebbero alcune «anomalie» che fanno dubitare siano opera di un gruppo organizzato anche se il linguaggio viene definito «appropriato» dagli investigatori.
Certo è che nessuno prende sotto gamba le lettere firmate Pcc, Partito comunista combattente. Il progetto, sia pur farneticante, sembra chiaro. Colpire Bologna e il suo sindaco perché il capoluogo emiliano sarebbe il «simbolo della presa di potere borghese neoconsociativista, razzista» e Cofferati «l’emblema della trasversalità tra politica, sindacati, potere economico e Chiesa. Quindi la minaccia: «L’avvio di una stagione rivoluzionaria di lunga durata».
Molti i messaggi di solidarietà giunti a Cofferati. Qualcuno, come Luca Volontè, è andato oltre. Il capogruppo Udc avverte che «chiunque si illudesse di derubricare la violenza anticattolica come un gesto di singoli folli, purtroppo deve darci atto di aver indicato per tempo le cause del rinascente terrorismo italiano». Irritato il commento di Romano Prodi: «Ormai c’è questa inflazione di minacce, di follie - afferma il premier -. È singolare come sia imputato al Partito democratico di essere elemento di instabilità».
Claudio Scajola (Fi), presidente del Copaco, sostiene che «l’annuncio dell’avvio di una “nuova stagione rivoluzionaria” sia palesemente velleitario e, tuttavia, sarebbe un grave errore sottovalutare il fenomeno».

Una linea condivisa dal procuratore capo di Bologna Enrico Di Nicola che invita a tenere alta la guardia: «Questa gente non è pericolosa per la democrazia perché non può fare nulla contro il sistema, ma lo è per l’incolumità individuale di chi vuole fare cultura della legalità».

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