I Tesori che sono andati male

Non basta un cognome importante per fare la fortuna di un’azienda. Astone la chiama sindrome Cecchi Gori. Dalla vicenda di Vittorio figlio del grande Mario. «In pochi anni ha disperso quasi tutto il patrimonio (cinema, Fiorentina, e immobili) costruito dal padre, sperimentando anche il carcere».
Nel caso dei Romiti le aziende che i due rampolli hanno guidato hanno sofferto, ma essendo di dimensioni molto grandi sono sopravvissute all’era dei Romitini. E, usciti loro, hanno ripreso ad andare bene. L’eredità di Cesare, storico proconsole della Fiat, non era poca cosa: una buonuscita da Torino di 101 milioni di euro e la possibilità attraverso scatole cinesi e patti di sindacato di comandare Rizzoli, Impregilo e la galassia di aziende che ruotavano intorno. In meno di dieci anni Maurizio e Pier Giorgio sono dovuti uscire da tutto.
La Bertone, dopo la morte nel 1997 dello storico fondatore Nuccio, finisce alla moglie e alle due figlie ancora florida: 500 milioni di fatturato e 1.500 dipendenti. Dopo undici anni, l’azienda non c’è più.

Le due figlie, Barbara e Marie Jeanne, l’avevano affidata ai propri mariti.
Per la Safilo il giudice supremo è stata la Borsa: non avrebbe accettato Massimiliano Tabacchi come amministratore. La famiglia è andata avanti, e il titolo che nel 2006 aveva esordito a 6 euro è sceso a 0,4.

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