I tesori degli Spinola svelati in un inventario

Una delle più preziose raccolte d’arte mai esistite a Genova. A possederla la potentissima famiglia Spinola, che diede undici dogi alla Repubblica genovese e centinaia tra senatori e ambasciatori. A svelarne il contenuto è il corposo inventario di beni rinvenuto nei vasti «giacimenti» dell’Archivio di Stato di Genova trasformato nel volume: «Palazzo Doria Spinola: Architettura e arredi di una dimora aristocratica genovese». L’inventario antico tre secoli - compilato nel 1727 dopo la morte nel madrileno palazzo reale di Aranjez di Francesco Maria Spinola, terzo duca di San Pietro in Galatina e Grande di Spagna - promosso dalla Provincia è stato presentato ieri mattina dal presidente Alessandro Repetto e dall’assessore al Turismo Anna Dagnino, insieme a Gabriele Finaldi vicedirettore del Museo del Prado a Madrid e a Roberto Santamaria, curatore del volume edito da Le Mani.
«L’imprevisto ritrovamento ha consentito di dare alle stampe un’opera per molti versi unica - hanno spiegato Repetto e Dagnino -. Un ultimo omaggio che la Provincia fa alla nostra comunità». I documenti dell’antico archivio sono accompagnati da una serie di saggi, scritti da esperti, che analizzando in dettaglio dipinti, arazzi, statue, mobili, argenti, tessuti, volumi e strumenti musicali, mettono in luce le vicende storiche artistiche, le residenze e i rapporti con le corti europee di uno dei rami più illustri ma forse meno noti degli Spinola. Nell’opera emergono così non soltanto la famiglia dell’ammiraglio Antonio Doria, ma anche diversi personaggi degli Spinola di San Pietro, proprietari dal 1624, e nuovi dati sulle vicende architettoniche e sulla decorazione ad affresco. Insieme a storie complesse delle collezioni d’arte e degli oggetti, oggi solo in parte rintracciabili nelle raccolte di tutta Europa.
«Una vera e propria biografia culturale - aggiunge il curatore Santamaria -. Un caso averlo ritrovato.

Stavo cercando dell’altro, quando ho scoperto 160 pagine dettagliatissime di manoscritto, attraverso il quale è stato possibile disegnare e arredare stanze. Mancava però l'archivio di famiglia, comunque recuperato attraverso centinaia di documenti sparsi in tutta Italia».

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