Una perizia segreta sull'impronta n.42. La scarpa a pallini può essere di Sempio

Il dossier della difesa di Stasi ha aperto a nuove possibilità sul piede del killer

Una perizia segreta sull'impronta n.42. La scarpa a pallini può essere di Sempio

"Paparazzi spregiudicati", magistrati contro magistrati, avvocati in euforia etilica, fughe di notizie ormai fuori controllo, picchi Auditel impazziti. Ma poi, in questo bailamme inverosimile che è diventata l'inchiesta-bis sul delitto di Garlasco, entrano prepotentemente i fatti. Perché, anche se a volte se ne perde la percezione, questa è un'inchiesta per omicidio. E alla fine, a dare un senso a tutto quanto, saranno non gli aplotipi del Dna ma le care vecchie prove. Quelle che hanno portato alla condanna definitiva di Alberto Stasi, e che ora portano la Procura di Pavia in un'altra direzione, verso Andrea Sempio. Vengono rilette tutte, in blocco. E vacilla la più centrale di tutte. Quella che incastrava Stasi, e che teneva Sempio fuori dalla scena del delitto. È l'impronta lasciata dall'assassino nel sangue di Chiara. Sembrava una delle poche certezze: può essere di Stasi, non può essere di Sempio. Invece forse le cose non stanno proprio così.

Tutte le altre tracce trovate nella villa di via Pascoli - manate, polpastrelli, sudore - possono in teoria essere state lasciate in qualunque altro momento. L'unica lasciata sicuramente dall'assassino è l'ormai famosa impronta di scarpa a pallini nel sangue della vittima. Scarpa 42, si era detto nel processo che condannò Stasi. Quando viene blandamente interrogato dall'allora procuratore Mario Venditti, l'indagato-bis Andrea Sempio dice: "Io porto il 44". Ora una nuova perizia della difesa Stasi dice cose diverse. Quali? Ufficialmente non si sa. Ma è certo che i nuovi capi della Procura di Pavia hanno il documento, e lo usano per convincere la Cassazione a riaprire l'anno scorso le indagini su Sempio rapidamente archiviate da Venditti nel 2017. Probabilmente la nuova perizia non dice con certezza che l'impronta è del 44, ma apre nuove possibilità, un range di risposte sufficienti a dire che quella scarpa, una Frau ormai fuori commercio con suola prodotta nelle Marche, era in grado di calzare anche il piede di Sempio. È per questo che la Procura inserisce la nuova consulenza - un documento corposo, fatto sia di analisi tecniche sia di testimonianze - negli elementi per riaprire il fascicolo a carico di Sempio. È in quel momento che riparte l'indagine che nei mesi successivi deflagra, diventando il caso giudiziario più discusso degli ultimi decenni.

A seguire, arriva di tutto. Insieme al caso Garlasco, il nuovo procuratore di Pavia Fabio Napoleone ribalta dieci anni di inchieste di chi lo ha preceduto. Viene investito da accuse infamanti l'ex procuratore Mario Venditti, accusato di avere insabbiato per 40mila euro l'indagine su Sempio. Ieri il suo avvocato rivela che quando Finanza e carabinieri gli arrivano in casa e sequestrano telefoni e pc, Venditti si offre a consegnare le password solo se gli viene garantito che cercheranno solo tracce dell'indagine su Garlasco. Neanche per sogno, gli rispondono. Per Venditti è la conferma di quello che in realtà sa da mesi, da quando dopo le rivelazioni di un quotidiano ha scoperto di essere indagato a Brescia per corruzione e peculato per fatti che con Garlasco non hanno nulla a che fare. Rifiuta di consegnare i codici. Computer e smartphone restano sequestrati, pronti per essere forzati dai tecnici della procura. Se domani il Riesame non annullerà il sequestro, gli inquirenti di Brescia e Pavia puntano a scovare lì dentro i lati oscuri di dieci anni di giustizia a Pavia: proprio come dai telefoni del colonnello dei carabinieri Maurizio Pappalardo, perquisito quasi per caso, emersero due anni fa le prime tracce del malaffare che governava la città.

Le due inchieste viaggiano in parallelo, gestite dalle procure di Brescia e Pavia con gli stessi ritmi e gli stessi investigatori: al punto che ieri Domenico Aiello, difensore di Venditti, annuncia che chiederà che vengano unificate in unico maxifascicolo a Brescia, un gigantesco mix in cui dovrebbe confluire di tutto, le storie di donne, di Porsche e di tartufi del "sistema Pavia" insieme alla autopsia-bis virtuale della povera Chiara, alla ricostruzione di quanto, come, quanto a lungo venne colpita, su cui lavora la patologa Cristina Cattaneo.

Forse sarà così, forse invece le indagini resteranno separate. A Brescia altri nomi importanti finiranno nel registro degli indagati.

A Pavia si andrà avanti a lavorare sull'unica domanda che conta davvero: chi è il traditore che la mattina del 13 agosto 2007 citofona a casa di Chiara, le sorride quando dischiude la porta. E poi lascia nel suo sangue l'impronta di una scarpa a pallini.

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