I tifosi riabbracciano Balotelli Ma Raiola: «Così non si va avanti»

Milano Il brutto (e il difficile) paradossalmente arrivano solo adesso. Dopo una settimana che ha riportato l’Inter al vertice della serie A e ha sancito il ritorno in finale di Champions League dopo quasi quarant’anni, non c’è tempo per festeggiare. In un calcio fatto di soli risultati, la differenza tra la possibilità di vincere e la vittoria è enorme: trionfo o sconfitta, non ci sono mezze misure. Perché dopo questa cavalcata vincere anche solo il campionato risulterebbe una mezza delusione. Deve averlo pensato anche Josè Mourinho, che dopo l’impresa di Barcellona aveva chiesto ai tifosi nerazzurri di aspettare la squadra a Malpensa, ma mai si sarebbe aspettato una folla numericamente da vittoria del Mondiale. E invece la tripletta è ancora tutta da conquistare. Sono passati otto anni ma lo spettro del cinque maggio ancora aleggia sulla Pinetina. La squadra nel frattempo è cresciuta, tecnicamente e psicologicamente, eppure anche questa volta quella data sarà in qualche modo decisiva.
Proprio il 5 maggio, infatti, avverranno due snodi fondamentali: la finale di coppa Italia e l’esame del ricorso che il Bayern Monaco ha fatto dopo la squalifica di Ribery. Nel primo caso, oltre alla consolazione in caso di scudetto mancato, l’occasione si presta più che altro per non far diventare l’espressione «zero tituli» un pericoloso boomerang. Il secondo, invece, significa molto di più. Franck Ribery, pur nell’occhio del ciclone per le sue avventure extraconiugali, resta la punta di diamante del Bayern Monaco: vedere confermate le tre giornate di squalifica, o anche solo ridotte a una, significherebbe affrontare un’avversaria più debole e, almeno in partenza, avere più chances di conquistare l’agognata coppa (che, secondo il quotidiano portoghese Correio da Manha, frutterebbe un bonus a Mou di un milione).
Intanto ieri la squadra è tornata ad allenarsi ad Appiano Gentile. A parte Goran Pandev, fermatosi nel prepartita di Barcellona e in forte dubbio per domani sera. L’intenzione di Mourinho è di riproporre contro la Lazio il modulo che sta facendo le fortune dell’annata interista: nel caso di forfait del macedone, è assai probabile che l’allenatore portoghese mandi in campo Mario Balotelli. Il quale dopo le scuse pubbliche e l’atteggiamento mostrato nelle ultime ore (i festeggiamenti al Camp Nou, le lacrime per il passaggio del turno), vuole sfruttare almeno queste ultime partite per mettersi in vetrina. Ma se il giocatore sta pian piano ritrovando la serenità, ieri i tifosi gli hanno dedicato lo striscione «Mario non mollare», lo stesso non si può dire del suo procuratore.
Proprio ieri Mino Raiola, in Lega Calcio, ha ringhiato: «Così sicuramente non si va avanti, così Mario non resta un altro anno all’Inter, lo posso garantire». Cos’è successo? Raiola non ha gradito le dichiarazioni di Mourinho dopo la semifinale quando ha detto: «Non ho inserito Balotelli perché in questo momento non mi garantisce lo stesso lavoro tattico di Pandev, Eto’o e Milito». Raiola, dopo il confronto con la società che aveva portato alle scuse di Balotelli, aveva ottenuto di spegnere i riflettori sul suo assistito per un po’. Le parole di Mourinho invece lo hanno infastidito: «Mario non ce l’ha né con i tifosi né con la squadra, ma è chiaro che i problemi con la società non sono risolti. Non so se e in quanto si possano risolvere. Mario si è scusato e qualcuno volutamente non l’ha capito». In fondo, niente di nuovo. Lo stesso Balotelli aveva detto: «Ora conta finire bene la stagione, poi faremo i conti», il suo procuratore invece sembra non sia disposto ad aspettare. Tra l’Inter e la tripletta, oltre alla paura del cinque maggio, c’è da temere anche Raiola. Che è irrefrenabile: «Negli ultimi 8-9 mesi è mancato qualcuno che proteggesse Mario in società. Mi accusano di fare il suo ufficio stampa, ed è vero visto che l’ufficio stampa dell’Inter sembra abbia un solo cliente: Mourinho. Mario non è perfetto, così come Mourinho non è cattivissimo. Ma a Mourinho serviva un nemico comune fra lui e la squadra, e Balotelli è caduto nella trappola», ha spiegato.

«Perché Mourinho non ha detto che portava Balotelli a Barcellona perché aveva bisogno di lui?», si domanda ironico Raiola, raccontando che «qualche giorno fa Mario ha trovato i quattro bulloni di una ruota dell’auto svitati: se uno non è attento rischia di ammazzarsi in autostrada». Un problema in più per l’ambiente nerazzurro, comunque ampiamente vaccinato: la passata esperienza con Ibrahimovic è servita a qualcosa.

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