I veleni del caso Mitrokhin Guzzanti intercettato: «Schiaffo al Parlamento»

Il senatore scrive ai presidenti delle Camere: «Tutelatemi». Prodi: «Ora querelo». Fassino: «Stravolta la democrazia». Indagato Scaramella

Guido Mattioni

Tocca livelli da calor bianco la polemica sulla Commissione Mitrokhin. Polemica rimasta per un po’ sotto le braci, ma poi rinfocolata dal coinvolgimento, nella vicenda dell’ex 007 russo avvelenato a Londra, di un consulente della commissione stessa, Mario Scaramella. Dopo la pubblicazione ieri di intercettazioni di telefonate tra Scaramella e il presidente della Mitrokhin, il senatore di Forza Italia Paolo Guzzanti, ieri quest’ultimo scrive una lunga e indignata lettera ai presidenti di Camera e Senato. Missiva in cui fa ripetuti riferimenti anche al presidente del Consiglio Romano Prodi. Il quale, in serata, annuncia di aver dato mandato ai suoi legali «di procedere contro gli autori di dichiarazioni e di atti lesivi della sua dignità di cittadino e di rappresentante delle istituzioni».
Giornata fitta di avvenimenti concatenati tra loro, quella di ieri. Segnata anche dalla notizia che Scaramella è indagato per traffico d’armi e rivelazione di segreti d’ufficio (forse anche di calunnia) dalla Procura di Roma. Lo stesso Scaramella, in un’intervista all’Espresso, aveva appena replicato ai sospetti circolati su di lui dicendo che «forse attraverso di me vogliono attaccare Guzzanti e Berlusconi. Ma è una strategia che franerà per strada». E aveva aggiunto: «Viene ucciso un dissidente dell’ex Urss, il mondo s’interroga sulle responsabilità di Putin, e in Italia che fanno? Sommergono me di insinuazioni e calunnie».
Ma è la lettera di Guzzanti ai presidenti di Camera e Senato, Fausto Bertinotti e Franco Marini, a tenere inizialmente banco. Una missiva in cui il senatore azzurro chiede loro tutela ribadendo la sua volontà «di parlare, per telefono da casa, con chi mi pare e piace, come mi pare e piace nella più completa indisciplina e libertà, tutelato in questa libertà dai presidenti del Parlamento». «Spero non vi sia sfuggita l’enormità di quanto sta accadendo», scrive Guzzanti ricordando come «in spregio di ogni norma e tutela del Parlamento vengono diffuse e pubblicate trascrizioni di conversazioni telefoniche non solo di un membro del Parlamento, ma del presidente di una Commissione bicamerale d’inchiesta».
«In maniera grottesca, tipica della caccia alle streghe e del nuovo maccartismo, mi si accusa nientemeno che di avere indagato su Romano Prodi - scrive Guzzanti -. Ebbene sì, confesso senza alcun problema né reticenza: ho indagato su Prodi pubblicamente, l’ho accusato di essere un mentitore non avendo egli mai voluto dire la verità sull’identità» di chi gli aveva fornito l’indirizzo esatto della prigione di Aldo Moro e «di non aver voluto comunicare la preziosa informazione alle autorità, agendo in modo tale da far giungere alla fine le forze dell’ordine al paese di Gradoli anziché in via Gradoli, a Roma, cosa che permise ai rapitori di eclissarsi». Guzzanti ricorda poi di aver acquisito, proprio attraverso Scaramella, la testimonianza di Aleksander Litvinenko (l’ex agente russo avvelenato a Londra) che racconta di essere stato sconsigliato dal generale Anatoli Trofimov, suo ex capo, dallo stabilirsi in Italia perché l’Italia, a detta del generale è un covo di nuovi e vecchi agenti russi e dove “Romano Prodi è il nostro uomo”».
All’annuncio di querela da parte del premier, Guzzanti ha risposto in serata: «Prodi mi querela? Sarebbe il processo del secolo. Si renderebbe un servizio alla verità e al Paese». Il senatore ha anche annunciato che scriverà una lettera aperta a Prodi. Un’altra, Guzzanti l’ha scritta ieri anche a Claudio Scajola, presidente il Comitato parlamentare di controllo sui servizi di informazioni e sicurezza chiedendogli di fissare un’altra data per la sua audizione. Ciò in seguito al comunicato da lui definito «sprezzante e irrispettoso nei miei confronti», diffuso da un membro del Copaco stesso, l’ulivista Gianclaudio Bressa, «nel vano tentativo di farmi apparire come un convocato che obbedisce a un ordine».
Di «un’azione di denigrazione personale e di destabilizzazione istituzionale con cui si puntava a colpire e delegittimare il centrosinistra e i suoi principali esponenti», parla il segretario dei Ds Piero Fassino riferendosi alla vicenda Mitrokhin. «È tempo - aggiunge - che si faccia chiarezza e si individuino le responsabilità politiche e personali di chi ha tentato di stravolgere la vita democratica del Paese».


Il capogruppo dei verdi, Angelo Bonelli, si rivolge invece a Silvio Berlusconi, invitandolo a «condannare e sconfessare l’operato di Guzzanti. In caso contrario lo riterremo il regista di questa operazione». Bonelli annuncia anche un esposto alla Procura della Repubblica «per l’apertura immediata di un’inchiesta per fare chiarezza».

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