I Verdi lasciano l’Unione

I Verdi lasciano l’Unione

Ieri i Verdi, oggi Rifondazione comunista. Per la serie la sinistra contro la sinistra, vanno in scena la rottura del patto di maggioranza in Regione da parte del Sole che ride e la spaccatura interna al partito della falce e martello. Difficile dire chi siano i più arrabbiati, fra gli ambientalisti che attaccano l’Ulivo sulla caccia e i dissidenti che vogliono cacciare il segretario del Prc Giacomo Conti dal suo ruolo di segretario regionale.
La caccia. Dice l’assessore Gianfranco Cassini che la giunta di Claudio Burlando, ieri, «si è limitata ad approvare il calendario venatorio ratificando, con qualche restrizione in più, quello già in vigore». La presidente e capogruppo dei Verdi, Cristina Morelli, e il consigliere regionale Carlo Vasconi, però, non hanno gradito affatto.
Il loro disappunto, lo hanno messo nero su bianco. Esordiscono con rabbiosa indignazione: «Chi non sa fare lealmente politica dovrebbe cambiare mestiere». Chiudono con sferzante ironia: «La prossima volta (se ci sarà) chiederemo che al tavolo degli accordi vengano anche i cacciatori, visto che poi le trattative le dobbiamo fare con loro e tutto sommato forse paradossalmente meritano più rispetto di tutti quei politici e assessori che si celano pavidamente dietro i loro fucili». Nel mezzo, c’è l’annuncio che «i Verdi non parteciperanno più a riunioni di maggioranza né per spartizioni di posti né per questioni programmatiche». Perché gli accordi sulla caccia erano altri e sono stati traditi alla prima «alzata di mano di un cacciatore o di altri interessi che contrastano con l’ambiente». E perché quel disegno di legge «conferma e invita all’illegalità». Loro l’avevano detto, che avrebbero mollato tutto nel caso. «Ma certo non ci aspettavamo di essere costretti a farlo così presto e su una materia tanto marginale come la caccia». E invece: «Di certo un atteggiamento come quello espresso dalla Giunta stamattina non ci rappresenta e ne prendiamo le distanze, così come le prendiamo da questa maggioranza che sembra solo portare avanti interessi di piccole o grandi botteghe».
Seguono la perplessità per una «coalizione che non conosce la serietà degli accordi», il dispiacere nel «vedere che i “mercanti” della politica, pronti a vendersi per un pugno di cartucce, sono anche nei nostri “compagni di viaggio”», l’accusa rivolta agli ex alleati di aver «toccato il fondo» e pure con «ottusità», visto che «in nome di qualche voto di estremista cacciatore» consentono cose vietate dalla normativa nazionale, come «sparare a poveri uccellini migratori anche dopo il tramonto e concedere la caccia anche nelle aree incendiate».
I cacciatori. Sono 14 su 36 membri della «mozione Bertinotti», la prima di quattro all’interno di Rifondazione comunista che oggi va a congresso regionale. Vogliono la testa di Giacomo Conti il segretario, che pure appartiene alla stessa «corrente». Bruno Pastorino il segretario provinciale, Andrea Iori il coordinatore genovese dei giovani, fra gli altri anche lo spezzino ex consigliere regionale Arturo Fortunati contestano a Conti la gestione del partito: la mancata costruzione di un rapporto con la sinistra alternativa dei movimenti, «si pensi alla candidatura non sostenuta a sufficienza di manuel Cghiarlo del Buridda». E poi l’incapacità di coordinamento fra le varie federazioni e una gestione troppo gerarchica dei gruppi dirigenti. Ma puntano il dito anche sulla partita Regione: Conti, accusano, si è messo nel listino del presidente Burlando nonostante ricoprisse già molti incarichi, nella composizione della giunta non si è imposto, lasciando che la rappresentanza del partito ne uscisse fortemente ridimensionata, e non si è dimesso da segretario del partito una volta entrato nella Sala Verde di via Fieschi. Le previsioni dicono che Conti potrebbe venire rieletto con una parte dei voti della mozione 3, «Essere comunisti» di Marco Ferrando, e della mozione 4, «Un’altra Rifondazione è possibile» di Gigi Malabarba. Ma con una forte spaccatura della mozione 1, la sua, che attualmente ha il 49 per cento.
Ieri Conti ha aperto il congresso con la sua relazione. Oggi si va alla conta.

Non ci saranno candidati alternativi, spiegano i dissidenti: «Vogliamo una candidatura unitaria». Tradotto, significa che se Conti verrà rieletto senza l’appoggio dei suoi ex sostenitori «sarà lui ad aver spaccato il partito ricandidandosi, non noi». Questione di punti di vista.

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