di Alberto Clavarino
Caro Massimiliano, oggi ho letto il tuo pezzo dal titolo sorprendente: «Quel Cardinale che parla da sindaco» e quello che tu hai scritto, le tue parole di commento, ma soprattutto le parole da te riportate del «mio caro Angelo», mi hanno fatto molto riflettere, quasi sussultare.
E' un periodo per me molto particolare, un periodo di «sussulto facile», particolarmente bizzarro e per me nuovo, specie se raffrontato col mondo che mi circonda, caratterizzato da un piattume e da una tristezza generalizzati.
Premetto che sono sempre stato, come tanti, un cristiano molto poco degno di questo nome, un cristiano flebile, praticante saltuario, uno che non ha fatto la Comunione per vent'anni.
Però poi è arrivato lui, proprio Angelo, lo stesso straordinario personaggio di cui hai parlato tu, e mi ha toccato il cuore. Conosco Angelo da quando avevo 12 anni, essendo stato il mio assistente spirituale quando ero negli scout di Santa Teresa. Da quando è a Genova l'ho visto all'inizio molto spesso, poi più raramente, sempre e solo in pubblico, sempre e solo con enorme emozione.
La sua presenza, misteriosamente affascinante, mi ha aiutato a risolvere tante ambiguità ed incertezze nel mio percorso di fede. Senza dubbio il passaggio più importante è stato il ritorno nella Chiesa dovuto all'annullamento di un mio antico errore di gioventù, un matrimonio giovanile molto poco consapevole ed il cui annullamento non avevo avuto la forza di affrontare per decenni.
Tornato, dopo una vita, al domenicale incontro con la Comunione, la mia vita interiore è lentamente in fase di trasformazione, e l'ombra lontana e vicina, discreta e presente, di Don Angelo è lì, è a disposizione. Quando voglio, vado a San Lorenzo o guardo dove va lui e lo raggiungo. Spesso neppure riesco a salutarlo, ma lui, senza saperlo, parla per me, parla come parlava durante i campi scout, sussurra con dolcezza e decisione le sue parole, che mi rafforzano.
E' tutto così strano, così nuovo e così bello! Sai a che cosa pensavo? Che forse questi sono i veri «beni rifugio». Quando tutto appare crollare intorno, quando devi abbandonare il lavoro a cui hai dedicato anni, quando devi dare l'addio a tanti amici con cui hai lavorato, quando devi ringraziare il caso che ti ha regalato un incontro con qualcuno che ti concede un'altra chance, quando sentire parlare di politica ormai ti ha spezzato l'anima, quando guardi la televisione e non sai più se sei più triste per lo spread, per la faccia da pesce di Monti, per le gazzarre della Lega, per le divisioni del PDL o per la nullità del PD, quando temi davvero che forse, se i Maya hanno ragione, facciamo in tempi brevi quello che comunque accadrà in tempi medi, quando guardi i tuoi figli e pensi a che cosa potranno mai fare in questo Paese senza speranza, senza morale, senza fede, senza amore, devi investire, come consigliano gli economisti, nei beni rifugio.
Non sono più l'oro, dei BOT e BTP non ne parliamo, dei dollari chissà.
I beni rifugio sono l'amore, il prossimo, magari per alcuni la Chiesa, tanto vituperata ma alla fine tanto clamorosamente vicina ai poveri a differenza di tutti gli altri che dicono di esserlo.
E da poche settimane, dopo una vita passata a vergognarmi un po' per il fatto che mio padre cantava in Chiesa a squarciagola ( ex-alpino, ex-Monte Cauriol, quanto mi ha fatto arrossire ! ) adesso canto anche io. Canto, cercando di imparare le parole sconosciute, e provando sentimenti di partecipazione, di comunità, a me finora sconosciuti.
E' solo il mio piccolo bene rifugio.
E' solo un piccolo, impercettibile sussulto in un cuore improvvisamente tornato sensibile non solo agli affetti familiari.
Sospinto dal battito della ali di un Angelo.
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