«I vertici Pd? Distanti e inadeguati»

RomaSindaco Chiamparino, nel Pd si è aperto l’ultimo fronte. Dopo la querelle sul fatto che il partito è stato a lungo schiacciato sulle posizioni di Di Pietro e il dibattito sulla questione morale, ci si mette anche il presidente della Provincia di Trento Dellai. Dice che il Pd è «un partito socialista dove la cultura del popolarismo è sparita». Cosa ne pensa?
«Socialista? Potessi rispondere con una battuta direi “magari!”».
Non è d’accordo?
«Guardi, penso che Dellai abbia voluto dare due messaggi. Da una parte, forte del successo elettorale, cerca di spostare il baricentro del Pd più al centro. E dall’altra sottolinea la necessità di una vera autonomia territoriale rispetto ai vertici centrali del partito».
Un suo pallino da tempo...
«Credo sia arrivato il momento di uscire dagli schemi politici del ’900. Serve grande attenzione per il territorio e su questo punto ci misureremo a breve, quando si riunirà il coordinamento del Nord».
Cosa si aspetta?
«Capiremo se è possibile avere un’autonomia reale rispetto ai vertici centrali che sentiamo distanti e inadeguati oppure se il coordinamento non sarà altro che un altro livello interno al Pd per trasmettere le direttive che arrivano dal centro».
Si dice che Veltroni non ne sia entusiasta perché perderebbe potere sul partito...
«Questo non lo so. Di certo, la nostra esigenza è reale e per ora nessuno si propone scissioni nel Pd».
E nella stessa direzione va l’idea di un direttorio che affianchi il segretario?
«Continuo a pensare che sia la via da seguire per gestire la delicata fase delle elezioni. Un direttorio che si affianchi ai leader storici del partito così da conciliare la massima autonomia sul territorio (sui programmi e sulle alleanze, vedi Dellai) e la massima unità a livello centrale (dando l’immagine di un partito che lavora in una sola direzione per tutto il Paese).
Non sarà che si vuole commissariare Veltroni?
«Assolutamente no. Da una parte c’è una leadership individuale come quella di Berlusconi che ha le sue peculiarità, dalla nostra c’è invece l’esigenza di una leadership collettiva».
Dellai dice che il Pd è troppo a sinistra, altri sostengono che è schiacciato su Di Pietro. Faticate a trovare una vostra identità?
«Non mi pare che siamo così appiattiti su Di Pietro, al di là di quel che ripete come un mantra Berlusconi. Certo, delle incertezze le abbiamo avute. Anche perché da dopo le elezioni l’Idv non ha mai mantenuto gli impegni presi, a differenza nostra. Ma bisogna uscire dallo schema per cui l’alternativa al centro è Di Pietro perché c’è tutta un’area culturale di sinistra (dal sindacato alla sinistra radicale) che è ben più importante dell’Idv. Il punto è che è arrivato il momento che il Pd trovi un suo profilo autonomo».
Le inchieste giudiziarie potevano essere un’occasione. Ma siete andati in ordine sparso, prima difendendo la magistratura e ora prendendone le distanze...
«Ci siamo trascinati dietro l’immagine del partito schiacciato sulle posizioni della magistratura qualsiasi cosa accada. Un errore, perché rispettare i giudici non vuol dire non poter discutere».
Cosa si sarebbe aspettato dai vertici del Pd?
«Una netta distinzione fin dall’inizio tra l’aspetto giudiziario e quello dell’etica pubblica. Nel primo caso, con procedimenti in corso, è necessario il massimo del garantismo. Nel secondo, invece, pur non trattandosi di comportamenti delittuosi bisogna condannare il malcostume di intrecci affaristici poco trasparenti o atteggiamenti spregiudicati».
Un esempio?
«La vicenda della Campania, dove un’intera comunità non è riuscita a smaltire i rifiuti. Sul fronte giudiziario bisogna aspettare la conclusione delle inchieste, ma è impossibile non dare un giudizio politico netto, a cominciare dagli stessi interessati. Serve una svolta chiara e comprensibile all’opinione pubblica».
Bassolino è rimasto al suo posto, la Iervolino si prepara a un rimpasto. Pensa che sia «comprensibile» per l’opinione pubblica?
«Mi pare una sfida molto difficile, ma è giusto che ognuno si assuma le sue responsabilità. Se la Iervolino si sente in grado di poter dare un segnale di forte rinnovamento in questo modo, vada avanti e aspetteremo i fatti. È chiaro che con un fallimento le responsabilità diventeranno ancora più grandi».
Che idea si è fatto delle inchieste che hanno coinvolto il Pd negli ultimi mesi?
«Quello che è successo a Pescara con lo stesso giudice che su D’Alfonso ha cambiato parere nel giro di una settimana è surreale e mi ha fatto correre un brivido sulla schiena. E anche su Del Turco aspetterei, non escludo qualche clamoroso errore giudiziario.

Poi ci sono anche casi indubbiamente da verificare e che sono il sintomo di un problema di etica pubblica che non riguarda solo il Pd».
Per esempio?
«È così trasversale che c’è dentro anche un partito ipergiustizialista come quello di Di Pietro. Che ha dimostrato come l’italianissima raccomandazione non sia mai morta».

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