«I viaggi durano solo pochi minuti Il rischio di danni all’udito è minimo»

L’otorino: «Le cuffie protettive sono obbligatorie solo per chi rimane esposto 6-7 ore al giorno»

Marco Guidi

Legambiente lancia l’allarme. Le orecchie di migliaia di utenti delle linee metropolitane milanesi sono sottoposte giornalmente a rumori molesti, ben al di sopra delle soglie consentite dalla legge. Su alcuni tratti della linea gialla si superano addirittura i 90 decibel. Già, ma cosa rischiano allora i milanesi che prendono abitualmente la metro? Diventeranno tutti sordi? «Non credo - fa sapere il dottor Antonio Bigoni, dal reparto di otorinolaringoiatria dell’ospedale San Giuseppe - Le variabili per giudicare la gravità dell’esposizione a un numero così elevato di decibel sono tante. Innanzitutto dipende dal tempo in cui si è soggetti al forte rumore. In certi luoghi di lavoro è d’obbligo l’uso delle cuffie, ma l’esposizione dura sei, sette ore al giorno. In questo caso, invece, la maggior parte dei viaggi dura pochi minuti».
Tutto a posto allora per chi compie viaggi corti o con una frequenza limitata. Ma chi è costretto a ricorrere alla metropolitana più volte al giorno? «Il rischio per chi è sottoposto in modo cronico a rumori di elevata intensità è quello di passare da una normoacusia (udito normale) a un’ipoacusia (diminuizione dell’udito ndr) - risponde Bigoni - e di subire danni acuti simili a quelli patiti dai frequentatori delle discoteche che sparano musica ad alto volume». Danni che sarebbero comunque curabili e guaribili, dunque? «Certo, niente di irreversibile - prosegue il dottor Bigoni - e poi siamo sempre nel campo delle ipotesi».
Non solo fonte di problemi di salute, la rumorosità delle metropolitane è una vera e propria tortura per le orecchie dei passeggeri.

«Sopra i 90 decibel superiamo la soglia del fastidio. Il che significa una sensazione di disturbo percepito dall’apparato uditorio», spiega Bigoni. Una consolazione c’è, però: siamo ancora lontani dai 120 decibel, limite oltre il quale si avverte dolore.

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