Scusi Iachini, dopo la grande gioia della promozione in A col Brescia, lei sarebbe così autolesionista da andarsene? E dove poi?
«Non ci penso proprio, ho ancora un anno di contratto col Brescia ed esiste un gran rapporto col presidente Corioni, la squadra ed i tifosi. È chiaro, ora devo parlare con la società e programmare il futuro. Ma resterò».
Emozione già provata, come nel 2008 con la cavalcata trionfale del Chievo?
«Sono entrambe due belle promozioni. Nel Chievo ho lavorato sin dall’inizio su un progetto, a Brescia sono invece arrivato a ottobre, alla nona giornata ed ho dovuto cucire il vestito giusto alla squadra. Questa è la più grande soddisfazione della mia carriera. Abbiamo compiuto un’impresa».
Il bello e il brutto di questa promozione.
«Il brutto quando sono arrivato, ho trovato un ambiente ostile nei confronti della squadra, giocatori abbattuti psicologicamente e carenti a livello fisico. Il bello è questa grande soddisfazione finale, con la squadra ricompattata, lo stadio esaurito e la felicità della città che da cinque anni aspettava questo momento».
A chi deve dire grazie?
«Alla società, ai tifosi perché tutti hanno creduto in me e, soprattutto, ai giocatori che mi hanno seguito senza polemiche o musi lunghi quando li lasciavo fuori».
Possanzini-Caracciolo, dove trova un’altra coppia così ben assortita? E saranno idonei anche per la serie A?
«Sono particolarmente contento per loro perché negli anni passati non avevano raccolto quello che erano riusciti a dare. Sono molto amici, affiatati, si integrano bene e anche in A potranno dire la loro».
Lo ammetta, ha avuto paura dopo la sconfitta a Padova nell’ultima giornata?
«Eravamo reduci da due belle serie prima di 9 e poi di 10 risultati utili consecutivi e l’obbligo di dover vincere all’Euganeo, insieme a qualche episodio negativo, ci ha inconsciamente condizionati. La delusione è stata cocente, ma ai ragazzi ho detto nello spogliatoio che bisognava subito girare pagina. E la reazione è arrivata quattro giorni dopo con la vittoria a Cittadella nei playoff».
Però nel ritorno vi siete rilassati troppo.
«Era un pomeriggio caldissimo, si poteva anche perdere e andare avanti, abbiamo sbagliato l’approccio. Perché poi il vero Brescia si è visto nella duplice sfida col Torino, dove non era ammesso rilassarsi o sbagliare».
Il suo motto è: lavoro, lavoro, lavoro...
«Ho trasmesso alla squadra le mie idee e il mio modo di lavorare sul campo, a livello fisico, tattico e psicologico. Il resto lo ha fatto un gruppo di ragazzi stupendi che mi ha seguito dall’inizio alla fine e che ha saputo uscire dalle difficoltà attraverso il gioco e la compattezza. Ci siamo sostenuti a vicenda dopo le delusioni e siamo stati bravi a non esaltarci quando le cose andavano bene. Il segreto? Sì, il lavoro sul campo, ma anche nella testa dei giocatori».
I tifosi la adorano.
«E io li ringrazio. Hanno vissuto pagine amare negli ultimi anni, adesso si meritano questa gioia. Ho cercato di ricreare l’entusiasmo e penso di esserci riuscito».
E al presidente Corioni cosa ha da dire?
«Trovarne di presidenti così. Sono contento per avergli regalato questa soddisfazione e questa vittoria fondamentale per le fortune del Brescia. E un grazie grande anche a Gigi Maifredi, un riferimento importante per tutti noi».
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