A Ian McKellen l’Orso d’oro alla carriera

È lui il Gandalf del «Signore degli Anelli». Un percorso cominciato a teatro con Shakespeare e consacrato al cinema con Tolkien

da Berlino

Un attore di teatro britannico passa al cinema in età matura, inanella una serie di film ora seri, ora no, con registi comunque sempre noti e diventa molto più famoso, fino a ricevere l’Orso d’oro alla carriera. È Ian McKellen, passato da Shakespeare a Tolkien: è lui Gandalf nella trilogia del Signore degli Anelli di Peter Jackson, ruolo che non gli è valso l’Oscar nemmeno fra le decine toccate a questi film. Gliene è venuto un certo decremento letterario, ma anche un notevole incremento economico.
Non solo: piglio aristocratico, volto scolpito, McKellen è diventato alfiere della gayezza cinematografica, quanto di più lontano però ci sia dalla versione almodovariana della medesima. Non è un caso se proprio lui ha interpretato il regista James Whale, quello dei Frankenstein con Boris Karloff, in Démoni e dei di Bill Condon. Reduce della Grande guerra, Whale era stato un esteta nella Hollywood degli anni Trenta e aveva inserito nei suoi film una miriade di spunti intelligenti. Neanche questo film e neanche questo ruolo sono valsi però a McKellen l’Oscar. Ora però lui entra nell’empireo berlinese. Il Festival - che aveva premiato negli ultimi anni donne in serie (Jeanne Moreau, Anouk Aimée, Gina Lollobrigida, Claudia Cardinale...) - lo onora e si onora di lui.
Paradossi. McKellen non è mai stato meno che bravo, quale che fosse la qualità del film in cui appariva. Ma i suoi ruoli più convincenti restano quelli dove impersona un britannico, come Whale, ancor meglio se intorno non c’era uno sfondo californiano, come accadeva per esempio in Scandal di Michael Caton-Jones, dove McKellen era il ministro inglese della Guerra, John Profumo, travolto nel 1961 da uno scandalo per avere avuto come amante Christine Keeler, legata anche a una spia sovietica.


John McTiernan ha poi affidato a McKellen il ruolo della Morte, tratto dal Settimo sigillo di Bergman, in Last Action Hero, polpettone dal cast stellare corrispondeva vacuità totale. Cast stellare anche in Riccardo III di Al Pacino, il ritorno cinematografico a Shakespeare per McKellen. Riccardo III però non era lui, così british; ma Pacino, così dago.

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