Dimenticare Kakà e non solo. Mettersi al pari dell’Inter e minacciarne il primato incontrastato. Ricucire lo strappo tra Silvio Berlusconi e il popolo milanista resuscitando l’entusiasmo antico di quei tifosi che adesso a occhi spalancati sognano anche Balotelli. É toccato a Zlatan Ibrahimovic, uno svedese dal gol facile e dalla lingua biforcuta, in compagnia di un timido brasiliano, Robinho, arrivati da qualche giorno a Milanello e presentati ieri pomeriggio a tv e giornali, il primo, vero prodigio della stagione calcistica italiana. Fuori dall’albergo del centro di Milano,eletto a sede dell’evento, in via Matteotti, plotoni di tifosi, bandieroni al vento e polizia a disciplinare il traffico; sul terrazzo dell’albergo, ottavo piano, cento metri dalle guglie del Duomo, teleobiettivi e taccuini spianati, per registrare anche la più innocente della battute in una kermesse mediatica che ha ricordato ai più la prima era berlusconiana, il raduno all’Arena con lo sbarco dagli elicotteri. Adriano Galliani, l’astuto regista dell’operazione, ha finalmente raccontato i dettagli del doppio colpo rimasto segreto per molte settimane. Non è nato il 25 agosto, sull’onda di ciniche motivazioni politiche: adesso lo capiranno anche i buontemponi, ma è maturata nelle pieghe del mercato, a giugno e a fari spenti. «Quando è arrivato David Villa dal Valencia, ho capito che Ibrahimovic avrebbe lasciato Barcellona, quando Balotelli ha firmato per il City ho capito che Robinho avrebbe abbandonato Manchester» le date simboliche fornite dal vice Berlusconi. Che ha dato garanzie anche a Platini, presidente dell’Uefa, preoccupato della compatibilità economica delle operazioni. «Il bilancio del club non è peggiorato, non abbiamo sforato nessun parametro: sono aumentati i costi ma sono anche migliorati i ricavi» la risposta pubblica avvalorata dalla corsa agli abbonamenti ( oltre 30 mila in campionato, oltre 45 mila in Champions), e dai ricchi incassi. Poi è toccato ai due gioielli della real casa, presentati con un bel carico di responsabilità, conquistare la scena. A uno, lo svedese, Galliani ha ricordato il record del pompierone Gunnar Nordhal (268 presenze, 221 gol), all’altro, Robinho ha rammentato la prima coppa dei Campioni del ’ 63 siglata dalla doppietta di un brasiliano allegro e pimpante ancora oggi, Josè Altafini. «Adesso siamo competitivi su tutti i fronti, naturale che la Champions rappresenti il traguardo numero uno» la missione del dirigente. Non ha avuto bisogno di convincere Ibrahimovic. Per conto suo, Zlatan ha provveduto ad eccitare gli animi e rilanciare il derby di Milano con frasi che possono garantirgli la convinta adesione dei suoi nuovi sodali e il sincero sdegno degli ex amici nerazzurri. «Qui al Milan è tutto fantastico, ben organizzato. Potevo arrivare 4 anni prima, adesso sono qua: è la maglia più bella mai indossata» è stato il suo debutto. Un altro bacio simbolico: ne ha fatto una scorpacciata. Non è poi certo il tipo da lesinare pronostici impegnativi o espressioni al peperoncino. Di sicuro ha svelato un aspetto del suo temperamento: «Ho la mia mentalità, vengo per vincere, se non vinco vuol dire che ho sbagliato qualcosa. Voglio vincere tutto col Milan, le altre squadre devono avere paura di noi». Viva la faccia, verrebbe da chiosare visto che di solito i suoi colleghi si misurano con banalità assortite. Diretto e schietto, Ibrahimovic vestito con la divisa d’ordinanza, anche nella materia di competenza del tecnico Allegri. Ibra è un convinto assertore del quadrato magico, compreso Robinho, «non escludo neanche Inzaghi che è un fenomeno» l’assist all’amico Pippo. «La miglior difesa è l’attacco» la sua teoria che deve fare i conti con la pratica: perchè poi il pallone passa agli avversari. E bisogna correre e contrastare per riconquistarlo. Puntuale anche la graduatoria dei meriti in calce al suo trasferimento.«Al primo posto c’è Berlusconi: ci siamo sentiti al telefono un paio di volte, la conversazione resta segreta. Poi Galliani che ha fatto un gran lavoro a Barcellona, quindi Raiola, il mio procuratore al quale dissi a maggio: portami via da qui. Ero già pronto da mesi al trasloco » le verità di Zlatan. Che dunque non ha alcun timore a sfidare l’Inter.«Siamo più forti noi,la mia sfida sarà a Milano, a Barcellona sono stato solo un anno. Se i miei ex tifosi mi odiano,non m’interessa: se amano il alcio dovrebbero essere contenti. Ho parlato con Moratti due settimane fa e anche con qualche mio compagno» il capitolo amarcord più atteso, forse. Questo è Ibrahimovic, pronto a raccontare della telefonata di Balotelli («mi chiesi di andare al City »), l’ultimo ciclone che si è abbattuto sul calcio italiano e sul derby di Milano fino a sconvolgerne gli equilibri consolidati. «In passato qui in Italia ho vinto lo scudetto, voglio fare meglio» è stata l’ultima promessa dello svedese. Che vuol dire Champions league, il suo nervo scoperto. L’altro componente del quadrato magico, Robinho, timido e impacciato, è stato a guardare esprimendosi nel suo compito portoghese, camminando in punta di piede per non dare nell’occhio e non rovinarsi la reputazione. «Ho sempre voluto giocare nel Milan dove i brasiliani hanno avuto una storia pazzesca » è stato il suo biglietto da visita. Vincere e divertire, il suo slogan senza occuparsi molto di Inter o di Juve.
«Il mio stile di gioco non funziona in Inghilterra » il motivo del divorzio col City di Mancini. «Possiamo giocare con qualunque formazione» la sua idea che gli varrà qualche pacca sulle spalle per il momento. Poi verranno le scelte di Allegri, qualche panchina e magari qualche mal di pancia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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