Chiamate Moratti, telefonate a Leonardo: la sfida tricolore è tutt'altro che finita. Anzi sembra aver preso, proprio dinanzi allo svincolo più facile per il Milan, una piega molto positiva. Perché il Milan non va oltre il pari contro il Bari e resta perciò fermo alle 5 lunghezze di vantaggio sui nerazzurri e perché, soprattutto, nel frattempo il nuovo profeta di Milanello, Zlatan Ibrahimovic, proprio lui, l'odiato nemico del popolo interista, si fa cogliere da Brighi in una reazione sciocca e vistosa (manata sul busto di Rossi) avviandosi verso la squalifica per due turni. Che equivale alla certezza di saltare anche il derby. Buon per lui, che nel frattempo i sodali rossoneri, siano riusciti nell'impresa di rimediare il pareggio (cross coi giri contati di Antonini con "piatto" di Cassano) e di sfiorare addirittura, in costanza di inferiorità numerica, un clamoroso raddoppio. Ma in quello stesso spezzone di partita, a 20 rintocchi dai titoli di coda, c'è anche il rischio (Almiron ha la mira fasulla, Bentivoglio trova Abbiati sveglissimo) per la capolista di perdere definitivamente la bussola e di finire 0 a 2 dinanzi al Bari.
Ecco allora il vero tema del giorno in casa Milan: davanti agli occhi la possibilità di allungare il passo, a San Siro il rivale più comodo, il Bari ultimo in classifica e invece di tirare dritto per la sua strada, scopre di avere il "braccino". Il Milan sbaglia due volte: quando esaurisce il primo tempo fiacco e a ritmo blando facendosi sorprendere da uno schema preparato a tavolino da Mutti (punizione di Almiron per Rudolf) e quando nella ripresa non trova mai la porta e poi con Ibrahimovic si complica in modo maledetto la vita. Non si vede quasi mai il miglior Pato, Robinho ha il piede freddo, Ibra anche, isterico per la mancanza di gol da azione da oltre un mese, e dai centrocampisti non c'è il contributo per esempio decisivo nella sfida con la Juve. Anche perché, e qui bisogna chiamare alla ribalta lo stesso Allegri, la partenza con Merkel non è molto indovinata e la successiva correzione, Emanuelson, invece sì.
La panchina milanista corregge tutti i limiti traditi nella prima frazione perché alle serpentine dell'olandese di colore si aggiunge il tocco sapiente di Cassano, non proprio ispirato fino all'attimo del tocco sotto porta. Sbaglia tanto il Milan, para il giusto Gillet, ma il punto è ancora lo stesso: nelle curve della stagione e dinanzi alle prime difficoltà, il Milan tradisce un nervosismo che toglie lucidità al complesso ed efficacia alle trame di gioco.
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