Iervolino e D’Alfonso, i furbetti di un Pd sempre più sinistrato

Vabbè, avevamo già celebrato la misera fine della superiorità morale della sinistra postcomunista e ci era venuta anche un po’ di tristezza. Tante parole e anatemi, tanta prosopopea, tanta spocchia superciliosa, tanto rancorosa arroganza, tutto finito miseramente nella discarica della storia. Requiescat. Ma non eravamo preparati - bisogna avere il coraggio di confessarlo - ad un finale di partita che somiglia ad una pulcinellata, ad una farsa squallida, ridicola, veramente penosa. Quel che accade a Napoli e più ancora a Pescara supera per qualità i copioni di celebri film della commedia dell’arte, roba da I soliti ignoti, o I mostri (possibile che i nuovi cineasti siano così asfittici, atrofici e balbuzienti da non saper prendere al volo l’occasione e portarla nelle sale e sugli schermi?).
Partiamo da Pescara, che è un film comico già scritto e pronto per il primo ciak: un sindaco gentiluomo di nome Luciano D’Alfonso, «pieddino», appena appena un po’ accusato di corruzione, concussione, truffa, falso e peculato in una inchiesta su presunte tangenti negli appalti pubblici, viene arrestato e finisce in galera. Sistematosi dietro le sbarre, e sapendo che sta dentro per precauzione, nel senso che se seguitasse a fare il sindaco potrebbe manomettere le prove, compie il grande gesto e si dimette da sindaco lasciando così aperta la porta alla gestione commissariale.
Il magistrato, visto l’atto di buona volontà, lo libera. Quello, appena liberato annuncia di avere scherzato e che col cavolo che si dimette. Ma poiché dimette fa rima con manette e dunque temendo di essere riarrestato se si ripresenta in ufficio - colpo di genio! - presenta un certificato medico, si dà malato e dice che non può svolgere le funzioni di sindaco, ma che lascia la sua poltrona al vicesindaco. In questo modo si fa fesso il commissario già arrivato e si fanno fessi i cittadini. Tuoni e fulmini di Maurizio Gasparri e di Gaetano Quagliariello, e come dargli torto. Proclamata dall’opposizione una giornata di indignazione cittadina. Domanda: ma davvero questi sono i figli di Berlinguer, quello del «noi siamo nati onesti con modificazione genetica»? Bah.
A Napoli la povera e sinistratissima sindachessa Rosa Russo Iervolino è impazzita come la maionese. Non nel senso psichiatrico, per carità, ma nel senso che la sua emulsione politica - non sapremmo come definirla diversamente - è partita in grumi e macchie d’unto e nessuno riesce a rimetterla più insieme. Lei l’aveva chiamata tarantella, per rispetto etnologico, ma non vediamo che cosa ci sia da ballare. Per la maionese impazzita il rimedio della nonna è sempre stato fecola di patate e colla di pesce. E la Iervolino ha a suo modo seguito la ricetta infilando nella melassa sbrodolata una iniezione di svagati insegnanti, sicché il Consiglio comunale si è trasformato in un Consiglio di istituto e la città di Napoli - che ha il senso dell’humour triste - è scoppiata in una disperata risata.
Di conseguenza Luigi Nicolais, che è - anzi era - il segretario provinciale del Partito democratico, ha staccato il cappello dall’attaccapanni, si è messo il paltò e se ne è andato lasciando dietro di sé una dolente nota in cui dice che tutti si aspettavano una «svolta coraggiosa che consentisse di recuperare bla bla bla», e invece, tanti saluti, non si è visto nulla. Naturalmente il poveruomo lamenta tutto, la crisi istituzionale, politica, morale, la mancanza della svolta e della forza morale per avviarla. In una parola: fallimento. In due parole: fallimento morale. E politico.
Ecco la situazione: ci troviamo davanti a gente furba, confusa, occasionalmente malavitosa eccetera eccetera. Di che cosa stiamo parlando? Stiamo parlando della differenza morale. Per chi voleva spacciarla per un fatto connaturato con la militanza, amara sconfitta. Che però dovrebbe essere salutare medicamentale, una lezione diagnostica su cui riflettere.
E a questo punto non resisto alla tentazione, per onorare la tradizione, di affibbiare il mio pistolotto morale a Veltroni il quale mi è notoriamente simpatico e che ha palesemente bisogno di aiuto: Walter, io credo che sarebbe ora con un gesto di grande coraggio di dire qualcosa di sferzante e autocritico sulla vecchia impostazione della questione morale e non per dire che tutto il mondo è paese e che tutti i gatti, o le vacche, sono grigi. No.

Qui ci vuole un colpo di frusta nella spina dorsale non soltanto per far pulizia in modo visibile, rapido e amaro quanto basta, ma per annunciare al mondo che non la diversità genetica, ma il buon fare e il buon agire - se proprio vogliamo tirar fuori un riferimento etico suggerirei sempre Calvino - possono restituire uno straccio di speranza a un partito che è partito - oops! - col piede sbagliato: il piede del moralismo che, come tutti gli altri ismi, ha fatto la fine che ha fatto e le vicende attuali del tuo partito, purtroppo, mostrano e dimostrano con non necessaria abbondanza.

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