Nicola Porro
da Milano
Gli Agnelli non mollanno facilmente la presa sulla Fiat e si ricomprano i titoli di casa. Ieri si è tenuta una ristretta riunione di famiglia: non tutti i rampolli Agnelli sono infatti dellavviso di impiegare subito le risorse necessarie a salire in Fiat. Oggi il cda del Lingotto varerà laumento di capitale da 3 miliardi di euro grazie al quale le otto banche creditrici diventeranno socie al 27% del gruppo industriale. Nel frattempo lIfil, la cassaforte che custodisce le chiavi del Lingotto, si diluirà (si ridurrà proporzionalmente) al 22 per cento.
Ma, secondo quanto è in grado di rivelare il Giornale, Ifil ha già il fieno in cascina per riportare lasticella al 30 per cento. La società guidata da Gianluigi Gabetti avrebbe infatti già da tempo stipulato una serie di contratti derivati (semplificando: si fissa oggi il prezzo per una merce che verrà consegnata più avanti) per un valore complessivo vicino ai 500 milioni di euro, che al 20 settembre le permetteranno di rientrare in posssesso di un 7-8 per cento di Fiat. Insomma, quando avrà effettivamente luogo la diluizione di Ifil in Fiat, la prima avrà la possibilità di riportarsi vicino al 30% grazie a questi acquisti a tempo. Si tratta di unoperazione che Ifil, come si dice in gergo, può anche smontare, annullare. Ma che al momento è in piedi. Divisioni familiari permettendo.
Gabetti ha più volte sostenuto lesigenza di mantenere fermo il presidio sulla Fiat: «La nostra determinazione - aveva detto il presidente della holding - è di continuare a meritarci il ruolo che ci siamo ritagliati di azionisti di riferimento». E di risorse ai piani alti non mancano. La sola cessione della Rinascente ha portato in cassa circa un miliardo di euro. E sempre di famiglia è il controllo della ricchissima Exor.
Con i derivati in casa, gli uomini di Corso Matteotti sanno che possono dormire sonni davvero tranquilli. Nelle settimane scorse si era infatti registrato un grande movimento di acquisti sul titolo Fiat, con grosse fette di capitale che passavano di mano. Tanto che ieri in unintervista rilasciata a Marco Ferrante sul Foglio, Andrea Agnelli, figlio di Umberto, ricordava, esprimendo un parere personale ma di peso, come «in azienda cè chi ritiene sia un rischio» che le banche vendano le loro quote a un potenziale scalatore.
Con loperazione sui derivati e con lalleanza strategica con un socio bancario disponibile come il Sanpaolo Imi di Torino che in mano ha poco meno del 6% del capitale, le velleità di scalata si riducono.
Ma al di là delle speculazioni finanziarie, il comportamento di Ifil, controllata al 65% dallaccomandita Gianni Agnelli & C, dimostra nei fatti un ritrovato interesse della famiglia nel futuro della casa automobilistica. Anche se non tutti, tra i più di cento discendenti, sono esattamente dello stesso avviso.
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