Le «Illuminazioni» del Futurismo tradotte e immortalate da Electa

Se in principio era il «verbo», successivamente fu il segno. E quel che resta del segno futurista lo possiamo riassumere nell’estetica delle sue opere, nel pensiero rivoluzionario. «Velocità» e «azione», infatti, furono le principali parole d’ordine contenute sul Manifesto del Movimento Futurista pubblicate sulla Gazzetta dell’Emilia il 5 febbraio 1909 e successivamente su Le Figaro e che tanto influenzarono l’Avanguardia del ’900.
E a testimonianza che in principio era il «verbo» la casa editrice Electa ha voluto partire dall’aspetto letterario e dalla «parola», dal «verbo», per l’appunto, cogliendo non solo il lato politico e letterario, ma anche quelli filosofico ed estetico. A cura di Ester Coen e Francesco Bolino la pubblicazione «Illuminazioni», prende come spunto anche testimonianze dirette degli artisti legati ai futuristi, come Kandinskij.
Le riserve dell’artista russo sono così riassunte in una sua lettera a Franz Marc del 1908: «La teoria è una cosa, ma il talento è una cosa ben diversa. Nella musica il talento è normale, un dato certo: raramente l’artista comprende entrambi, per esempio Schoenberg. Inoltre i manifesti (...) completi sono disordine senza precedenti che apparentemente può svilupparsi solo nella testa degli italiani. Mentre i nostri manifesti sono più organici e costruttivi(...). I futuristi giocano pericolosamente con le idee più importanti».
E se Kandinskij doveva riservare un paragone con i Futuristi lo faceva così, come nella lettera a Herwarth Walden: «Le loro opere sono composizioni accademiche(...) per questo troppo poco i musei hanno capito i Futuristi... La “linea” da sempre per me ha rappresentato una domanda difficile intorno al dominio dell’arte. Dubbio e fatica (...) I miei occhi sono severi, la spensieratezza, la leggerezza e la fretta sono caratteristiche di molti artisti di oggi... sostengo fortemente che i Futuristi abbiano rovinato ciò che in loro poteva esserci di buono (...)», salvo poi ricredersi. Non c’è dubbio che fu un’Avanguardia che innervosì tutto il ’900 e che spesso venne appannata dal comportamento dei suoi stessi protagonisti, ma fin dal primo Manifesto di Tommaso Marinetti. La forma di comunicazione fu quella della parola usata come «proclama e dichiarazione di guerra contro il mondo passatista».


Come deus ex machina del Movimento accanto a Marinetti compaiono Boccioni, Severini, Balla, Carrà, Russolo, i Bragaglia, che da movimento letterario gli diedero una vera e propria fisionomia artistica: dal teatro, alla danza, alla fotografia, alla pittura al design fino all’architettura senza trascurare la cucina, la politica, la donna, l’amore. Tutto immortalato in questo bel libro di Electa.

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