«Imam sequestrato, l’Italia non c’entra»

Il premier: «Respingo con sdegno ogni tentativo di falsare la verità». E Martino: «Mai saputo nulla sui voli segreti»

Claudia Passa

da Roma

Neanche alla vigilia dell’Immacolata l’«ufficio smentite» di Palazzo Chigi ha potuto prendersi un giorno di riposo. Stavolta non c’entra il Niger-gate; è il turno del sequestro dell’imam egiziano Abu Omar, «sparito» a Milano nel 2003 in un’operazione di extraordinary rendition della Cia. Il meccanismo è sempre lo stesso: i media anti-Bush (in questo caso il Washington Post) danno voce a «fonti anonime» che tirano in ballo il governo italiano e il Sismi, la stampa nostrana rilancia le «rivelazioni», parte della sinistra alimenta la polemica che rimbalza Oltreoceano. E il circuito si perpetua.
È un Silvio Berlusconi sdegnato quello che ribadisce in prima persona le smentite ormai quotidiane di Palazzo Chigi. «Mi chiedo - dice il premier -: se neppure le smentite ufficiali vengono raccolte oppure finiscono nascoste sotto una montagna di falsità, cosa dobbiamo fare per far capire che con il sequestro di Abu Omar non c’entriamo per nulla? Non esiste, lo ripeto per l’ennesima volta, alcun coinvolgimento del governo in vicende delle quali né io, né i miei ministri, né i miei sottosegretari, né alcuna istituzione italiana sono stati mai né avvisati né informati da chicchessia. Smentisco nel modo più assoluto - conclude Berlusconi - ogni falsa ricostruzione e respingo con sdegno ogni tentativo di falsare la verità». Ma c’è di più. L’altro ieri Palazzo Chigi aveva ipotizzato «un preciso piano di depistaggio nei confronti delle autorità italiane». La risposta la forniva ieri il Wall Street Journal, secondo il quale gli 007 americani nel 2003 avrebbero mentito al nostro Antiterrorismo, segnalando la fuga dell’imam nei Balcani, quando gli stessi emissari di Langley l’avevano «prelevato» a Milano e, facendo scalo in due basi Usa, trasportato in Egitto.
Sul fronte dei «voli segreti» della Cia, il ministro della Difesa Antonio Martino è categorico: «Non ne so assolutamente nulla, e non vedo perché dovrei saperne». Interpellato a Vicenza nella sede del Coespu (il Centro d’eccellenza per le stability police units istituito dall’Arma dei carabinieri), Martino ha aggiunto di avere «già una grossa responsabilità. Sono il responsabile politico delle Forze Armate italiane - ha affermato -. Se succede qualcosa di sbagliato, ne rispondo io politicamente. Non voglio assumermi responsabilità che non mi competono».
Ma torniamo al sequestro Omar. «Non ho difficoltà a credere a Berlusconi», ha detto Francesco Cossiga, che, chiedendo una commissione d’inchiesta, ha ricordato come «dal governo non dipendono né gli uffici del Pm né la polizia giudiziaria quando agisce alle sue dipendenze». Ma c’è chi non si arrende. Forse «sensibilizzati» dall’accusa d’essere «inconcludenti e timidissimi» avanzata da Repubblica sul Niger-gate, il senatore ds Massimo Brutti e il presidente Enzo Bianco hanno assicurato che il Copaco tornerà a occuparsi delle extraordinary renditions della Cia. Il vicepresidente Maurizio Gasparri (An) ha però sottolineato come «le conclusioni» del Copaco siano state «condivise da esponenti della maggioranza e delle minoranze». Resta da capire perché Brutti e Bianco, ricordando gli accertamenti del Copaco sul caso Omar, abbiano parlato solo delle dichiarazioni dei vertici del governo e del Sismi, omettendo qualsiasi riferimento all’audizione del pm milanese Armando Spataro.

Il quale nei confronti degli agenti Cia coinvolti nel sequestro ha spiccato mandati di cattura e richieste di estradizione, e al Copaco, a fine settembre, ha smentito chi adombrava una «copertura» degli 007 italiani nel rapimento dell’imam.

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