Imbrattata la targa del Comune a Pinelli

Hanno scritto «ucciso» con un pennarello nero per cancellare l’epigrafe che stava sotto in ricordo di «Giuseppe Pinelli, innocente morto tragicamente in questura». L’ultimo segno delle contestazioni per il quarantesimo anniversario della strage di piazza Fontana, l’hanno lasciato sulla lapide del Comune in memoria del ferroviere anarchico. Ricalcando esattamente la stessa scritta della lapide voluta dagli anarchici nel 2006. «L’area antagonista continua a perseguire una verità a uso e consumo che cozza con quella scritta nelle sentenze dei tribunali - il commento del vicesindaco Riccardo De Corato alla notizia dell’imbrattamento da parte di ignoti della targa di Pinelli -. A dimostrazione che non c’è alcuna volontà di rappacificazione, tentata anche dal presidente Napolitano. Il Comune è pronto a superare, come auspica Tognoli, l’assurda duplicità lapidaria di piazza Fontana. Ma dall’altra parte c’è una cieca volontà a mantenere il dissidio e a sostenere una falsa verità di comodo». Ma nel giorno della protesta, i manifestanti hanno voluto deporre anche un’altra targa. Una lapide in cartapesta a «Stefano Cucchi e Filippo Aldovrandi, assassinati dallo Stato e ai 169 morti nelle carceri solo quest’anno». Erano stati i militanti dei centri sociali, non appena conquistata la piazza sulle note di «Bella Ciao» al termine della commemorazione ufficiale delle vittime, a lasciarla accanto a quella di Giuseppe Pinelli, ricordato anche dal vicepresidente dell’associazione dei familiari delle vittime della strage del 1969, Carlo Arnoldi, durante la cerimonia insieme agli altri morti nell’attentato.

«Il 9 maggio scorso - aveva detto Arnoldi dal palco - il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha fatto un gesto importante, a differenza di quelli che lo avevano preceduto: ha dato dignità a Pinelli, innocente, come diciottesima vittima di Piazza Fontana. Restituendo l’onore che gli era stato negato».

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