Immacolata, la pasionaria anti-monnezza

nostro inviato a Napoli
Se la rivolta di questi giorni ha una faccia è la sua: quella di Immacolata, che ha quarant’anni e che in vita sua non aveva mai fatto un corteo, innalzato uno striscione, parlato a un microfono. Fino al 3 gennaio. Quando il prefetto Alessandro Pansa ha chiamato la stampa per annunciare che la spazzatura che sommerge Napoli sarebbe stata buttata tutta qui, a Pianura.
Allora, come succede a volte alle donne del popolo, qualcosa è scattato nella testa di Immacolata e le ha cambiato la vita. Immacolata ha deciso che stavolta non avrebbe subìto. Ed è diventata la pasionaria dell’immondizia. La prima a prendere il microfono, l’ultima a lasciarlo. A casa, da una settimana, si sono abituati a vederla tornare alle ore più assurde, intirizzita dal freddo e senza più un filo di voce. Ma convinta di avere fatto, finalmente, la cosa giusta.
Nei cortei che bloccano la discarica c’è di tutto: gente comune, agitatori politici, teste calde. Quando iniziano a litigare tra di loro, più forte di tutte si alza la voce di Immacolata: «Se iniziate a fare politica, noi donne ce ne andiamo». E i toni si abbassano subito. «Perché di politica io non ne ho mai fatta - racconta Immacolata - e l’unica cosa che mi muove è difendere la mia casa, la mia famiglia. Qui a Pianura ci sono già stati troppi morti. Io al cimitero ci vado tutti i giorni a trovare i miei parenti che non ci sono più. Ci vada anche lei, al cimitero di Pianura. E scoprirà che non c’è più posto, da quanta gente è morta in questi anni. C’è mio suocero, ci sono le mie amiche. C’è gente come Stefano Miceli che è morto di forme di cancro mai viste, che i medici non conoscevano».
Immacolata non è nata qui. Viene da San Gregorio Armeno, la via dei presepi, e si è trasferita a Pianura quando si è sposata. Lei fa la casalinga, il marito il muratore. Due figli. Le piace tenere in ordine la casa, far da mangiare ai ragazzi e ascoltare i dischi di Nino D’Angelo. In vita sua non ha mai sfiorato un poliziotto. Ma adesso che i ragazzi dei Pisani e di Pianura incendiano gli autobus e prendono a pietrate la Celere, Immacolata sta con loro: «Portare qui la monnezza vuol dire condannare a morte questo posto. Cosa c’è di strano se dei ragazzi decidono che, se si deve morire, tanto vale morire con coraggio?».
Tra l’ingresso della discarica e la casa di Immacolata c’è un chilometro. Questo chilometro di strada malamente asfaltata e interrotto dalle barricate è da una settimana la sua vera casa. Megafono, striscione, intorno a lei le altre donne.

Bionda, tosta, i jeans infilati nello stivale come moda comanda, Immacolata fa sapere che a mollare non ci pensa nemmeno: «Sa cosa mi fa rabbia? Che io la tassa sui rifiuti l’ho già pagata, 198 euro uno sull’altro. Per cosa? Per trovarmi la casa sommersa dall’immondizia. Mi sento presa in giro. E venire presa in giro non mi è mai piaciuto. Per niente».

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