Sabato sera. «Andiamo a farci una pizza al Magnolia?». «Ok, anche se non ci sono mai stata». Sembra quasi una pizzeria napoletana, luci calde, ambiente animato, camerieri e pizzaioli italiani e tipicamente «caciaroni». Tutto normale se non fosse per quel cinese alto e distinto che si aggira per il locale, con l'aria determinata di chi è lì per controllare la situazione. Si tratta del proprietario del locale, che ha rilevato la pizzeria da poco tempo e la cui gestione va a gonfie vele. Ha aumentato il fatturato e dà lavoro a diversi italiani. Inversione di tendenza. Gli asiatici non giungono più in Italia per aprire ristoranti cinesi facendo sgobbare tutta la famiglia, né cercano lavoro alle dipendenze degli italiani. Sono loro i nuovi imprenditori, che con il piglio e l'esperienza accumulata negli anni, hanno studiato la situazione italiana fino a riuscire a intrufolarsi nel mercato con discreto successo. A Milano, un nuovo imprenditore su tre viene da un Paese al di fuori dell'Ue. Nella maggior parte dei casi si tratta di imprese individuali, ma molte di loro si sono sviluppate e hanno assunto personale. In particolare le imprese extracomunitarie in provincia di Milano danno lavoro a 20mila persone di cui 3.800 italiani. L'immigrato imprenditore non si occupa solo di etnico, ma amministra lavanderie, saloni di estetica, pasticcerie, agenzie di viaggio e di traduzione, ma anche farmacie, piccole case di moda, imprese edili e ristoranti. La provincia di Milano è quella dove le ditte extracomunitarie mostrano maggiore vitalità. In totale sono 18.635 e nel 2008 sono cresciute dell8,6% con un deciso miglioramento rispetto al 2007 (+3,2%).
A primeggiare sono gli egiziani (oltre 4.700 imprese), cinesi (3mila), marocchini (1.500), peruviani e albanesi (entrambi mille imprese). Nellultimo anno sono cresciute soprattutto le imprese turche (+22,4%). Ma tra gli stranieri comunitari spiccano anche i romeni, titolari di 1.802 imprese, con una crescita del 131% in quattro anni. A livello settoriale, liniziativa economica degli extracomunitari si indirizza soprattutto verso le costruzioni (5mila imprese) e il commercio (5.565 unità). Ma il numero delle imprese di immigrati è in forte ascesa anche a livello nazionale: dal 2000, in Italia, sono cresciute al ritmo di 20mila l'anno. E dal 2003 al 2008 gli imprenditori stranieri sono triplicati. In un periodo non proprio brillante dal punto di vista economico, gli immigrati offrono un lavoro a circa 30mila italiani. Le imprese di cittadini extra-Ue hanno una grande capacità di sopravvivere nel tempo sul mercato. A cosa è dovuto questo dinamismo? In primo luogo al fatto che agli immigrati vengono riservati in genere lavori a bassa qualificazione che noi non vogliamo più fare, mentre spesso hanno titoli di studio elevati e quindi sono spinti a valorizzarli. Un ruolo importante gioca probabilmente anche la loro giovane età media, che li rende più intraprendenti, più disponibili a rischiare nel contesto di una popolazione che tende invece a invecchiare e a ripiegarsi sulle sue sicurezze. Il tentativo è un po' quello di rifarsi una vita, e poi c'è anche la volontà di scrollarsi di dosso i pregiudizi della gente dimostrando il loro valore sebbene ostacoli legislativi, burocratici, finanziari e ambientali rendano il tutto più complicato.
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