Politica

Immigrati, la Libia fa la voce grossa con Prodi

Ieri altra tragedia in mare: un immigrato morto prima dell’approdo a Malta. In Sicilia arrestati due scafisti

Giuseppe De Bellis

Gheddafi alza la voce. Con l’Europa, anche se l’obiettivo principale è più piccolo: Italia e Malta. Il regime del colonnello di Tripoli ieri ha sbattuto la porta in faccia al governo italiano e a quello maltese. Ha detto no alla collaborazione con Roma e La Valletta. No a quell’ipotesi di pattugliamenti congiunti lungo le coste libiche per controllare le navi che trasportano centinaia di immigrati clandestini verso le coste della Sicilia. Lo schiaffo della Libia è arrivato ieri, nel giorno più tranquillo per Lampedusa: nessuno sbarco, dopo una settimana tragica fatta di angoscia e morte. Il record s’è toccato nella notte tra giovedì e venerdì, quando sull’isola siciliana è arrivato l’ultimo carico di disperati. All’alba di venerdì i numeri dicevano 471 clandestini arrivati in 24 ore. Non erano stati mai così tanti. Ieri una pausa. Ma gli scafi non sono rimasti nei porti di partenza: forse solo per la mancanza della strumentazione che impone la rotta giusta sono andati verso Malta e non verso la Sicilia dove però sono stati arrestati due scafisti che avevano trasportato immigrati nei giorni scorsi. Sull'isola Stato sono arrivati i 55 clandestini che erano a bordo di due barconi intercettati ieri mattina. A bordo di una delle due imbarcazioni, su cui viaggiavano in 35 (28 uomini e 7 donne), c'era anche il cadavere di un immigrato che non è sopravvissuto alla traversata. Sull'altra barca, invece, erano in 19: 18 maschi e una donna. Gli extracomunitari hanno riferito di essere partiti dalla Libia.
Ed è da Tripoli che ieri è arrivato un messaggio preciso all’Italia e a Malta. È arrivato attraverso la voce dell'ambasciatore libico a La Valletta, Saad Lishlmani che riassumendo dice: no all'ipotesi di pattugliamenti congiunti di Italia, Libia e Malta per bloccare l'esodo dei clandestini; sì ad una conferenza comune sull'immigrazione, da organizzarsi in Libia. «Per controllare seimila chilometri di coste - dice - ci vogliono risorse che noi non abbiamo». Lishlmani ritiene i pattugliamenti «pericolosi» e fa riferimento all'episodio accaduto sabato scorso alla nave della Marina militare italiana Minerva, intervenuta in soccorso di 120 clandestini vittime di un naufragio a largo di Lampedusa. Tra l'imbarcazione italiana e il barcone ci fu un urto. Dalla ricostruzione degli inquirenti sarebbe stata, però, la carretta degli immigrati ad andare contro la Minerva: «I pattugliamenti comuni sono, inoltre difficili da accettare per questioni di sovranità e diritto internazionale». Una chiusura netta che vale un ricatto. È anche il termometro della volontà di Gheddafi di non trattare con il governo italiano, a differenza di quanto ha fatto un paio di anni fa, quando i rapporti tra Tripoli e Roma erano migliori.
Stesso discorso con Malta e per estensione con il resto d’Europa. Lishlmani allora chiede «un'assunzione di responsabilità morale e politica» da parte dell'Ue che invita a «non puntare il dito contro la Libia». «Abbiamo bisogno di risorse e della tecnologia, di veicoli e macchinari. Alcuni pensano che la Libia sia un Paese ricco e dunque possa provvedere ad altri e invece ad essere ricca è l'Europa.

Noi facciamo molto più di quello che possiamo».

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