Immigrati triplicati dal 2001: il nuovo Eldorado è la provincia

Una regione multietnica. Dal 2001 il numero degli immigrati in Lombardia è triplicato, fissandosi a oltre un milione di presenze sul territorio. Un dato che nel giro di un solo anno si è gonfiato di ben altre 110mila presenze. Il piatto multietnico lombardo è composto da 180 diverse nazionalità, dove si riscontra però una preponderanza del 50% sul totale detenuto da romeni, albanesi e marocchini.
Ma a creare una novità in materia di flussi migratori è la collocazione degli stessi che, dal 2001, hanno registrato il progressivo allontanamento dai grandi centri come Milano e Brescia per puntare verso la provincia. È emblematico su questo punto che nel 2001 il 34% degli immigrati gravitava tra l’area metropolitana e provinciale di Milano, contro un 20% odierno. Ciò significa che il fenomeno migratorio si è radicato all’interno del tessuto lombardo, divenendone parte integrante.
Uno degli indicatori più forti, che può aiutare a comprendere le dimensioni del fenomeno, è l’analisi della presenza di alunni stranieri nelle classi delle scuole lombarde. Sono 152mila dietro ai banchi, il 10% di tutti gli studenti lombardi e ben un quarto di tutti i ragazzi immigrati d’Italia. È chiaro che con questi dati occorre agire di conseguenza con provvedimenti che vadano ben oltre alla tanto bistrattata integrazione.
Una risposta viene dal presidente della Lombardia , Roberto Formigoni e dal sindaco di Milano Letizia Moratti, entrambi in cattedra all’Università Cattolica per la conferenza nazionale sull’immigrazione. «Le Regioni conoscono meglio il proprio mercato del lavoro e quali risposte dare agli agli immigrati - ha affermato Formigoni -. La determinazione dei flussi non può essere gestita in modo uniforme a livello nazionale. Inoltre l’assimilazionismo e il multiculturalismo hanno fallito. La strada è il meticciato, come indicano pensatori cattolici e laici come il cardinale Scola e Marcello Pera. L’Italia ha la strada spianata per proporre un suo modello, basato su una cultura prevalente forte, quella cattolica e liberale dopo il fallimento dei due modelli di convivenza più diffusi: il multiculturalismo e l’assimilazionismo. Il primo di stampo anglosassone, basato sulla certezza che sia possibile convivere pacificamente mantenendo idee e costumi in contrasto, ha creato ghetti spaventosi. Il secondo, l’assimilazionismo, di stampo francese, che impone a ciascuno di rinunciare alla propria identità per aderire a un patriottismo laicista, ha prodotto le rivolte delle banlieue». Tesi cui fa eco Letizia Moratti, per la quale gli enti locali devono poter gestire con «più facilità» il problema.

Il sindaco parla di «procedure che consentano ai sindaci di affrontare il fenomeno in maniera più responsabile». Per la Moratti le politiche nazionali non bastano, ci vuole «più flessibilità su tematiche che non sono tutte uguali in tutte le città».

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