Immigrato diventa americano e subito dopo sbanca la lotteria

Nello stesso giorno Moses Bittok ottiene la cittadinanza Usa e vince due milioni di dollari: «Li userò per far studiare mia figlia»

Massimo M. Veronese

«Mi fa il pieno, per favore?». Stazione di Des Moines, Iowa, venerdì sera, a volte basta niente a cambiarti la vita. A Moses, per esempio, è bastato fermarsi un attimo a fare gas. Ma il primo a gasarsi è stato lui. Ha infilato gli occhiali per dare un occhio al notiziario tv, preoccupato perché Rita, l’uragano, sta facendo volare i prezzi del carburante, e che diamine, si fa sempre più fatica ad arrivare alla fine del mese con uno stipendio solo e mica si può andare avanti così... Ed è stato lì che ha scoperto di essere diventato un altro uomo. Un uomo da un milione di dollari. Anzi quasi due, esattamente 1,89, grazie a un biglietto, il primo premio, della Lotteria dello Stato. «Ho visto illuminarsi il numero, ho contato le cifre una per una, ed è stato come una scossa elettrica. Sono rimasto lì come un paralitico, con la bocca aperta e gli occhialini sul naso. Mi dicevo: non ci posso credere...». A volte non sono i sogni a cambiare la realtà, ma la realtà a cambiare i tuoi sogni.
Moses Bittok è un tipo qualsiasi, come tanti, quarant’anni, una moglie, Leonida, che sta ancora studiando per diventare infermiera, una figlia di quattro anni, Mindy, un lavoro da secondino nel carcere femminile di Mitchellville, nonostante la laurea in scienze politiche presa con ottimi voti alla Southwest Minnesota State University. La solita vita, quella di tutti. È arrivato dal Kenya sedici anni fa, immigrato africano, ma la cittadinanza americana l’ha ottenuta, con tanto di giuramento e cerimonia di naturalizzazione, fanfara, sindaco e parenti con il fazzolettino stretto tra le dita, giusto venerdì. Nello stesso giorno in cui si è accorto di essere diventato un altro.
Il biglietto che lo ha spedito in un’altra vita lo ha comprato mercoledì scorso nel supermarket di Des Moines, al 1725 di Jordan Creek Parkway, un posto che conosce bene, ci aveva lavorato come garzone tanti anni fa per pagarsi gli studi universitari. Era il tagliando numero 85. Un tagliando qualsiasi, proprio come lui. «Pensare che non vinco mai nulla, nemmeno a carte... », se la ride adesso, stando bene attento con gli occhi a non offendere nessuno. Ha dovuto aspettare un paio di giorni, fino alla riapertura degli uffici pubblici del lunedì, per ufficializzare la vincita: è andato a letto per tutto il weekend con il biglietto nascosto nelle mutande e gli occhi di una lepre braccata da un branco di lupi.
Dice che con quei soldi non farà follie. La prima spesa servirà a creare un fondo scolastico per garantire gli studi alla figlia: «Così non dovrà lavorare per frequentare il college come è capitato a me». Lui e la moglie hanno scelto di non incassare tutto e subito. Ritireranno 75mila dollari per i prossimi venticinque anni al netto delle tasse. E continueranno a lavorare. Perché non si sa mai.
Prima che lo spiraglio di umanità diventi uno squarcio pericoloso dice che si, in paese ci sono rimasti un po’ male, guarda te se tutti quei soldi dovevano andare a uno che non è neanche di qui, si sa come ragione la gente nei paesi, l’altruismo, la solidarietà, sono beni che si consumano molto più in fretta delle fortune vinte alla lotteria.

E dice che sì, lo hanno sempre trattato bene, lui nero, povero e immigrato, ma che sì, insomma, qualche volta non si è sentito proprio come tutti gli altri, ma che adesso tutti lo guardano con occhi diversi, più gentili, più disponibili. Chissà perché... «È dura essere nero - spiegava Larry Holmes, ex re dei massimi di pugilato, diventato miliardario a suon di cazzotti, nero come Moses -. A me è capitato solo una volta. Quando ero povero... ».

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