Roma«Continuare a dire, come fa il Pd, che le elezioni gli sono andate bene è quantomeno strano. Perché, poteva andare peggio di così?». Antonio Padellaro, ex direttore dellUnità e fondatore del quotidiano «Il Fatto», che debutterà in autunno, è severo con il partito che ha votato «disciplinatamente» nel 2008.
Allora sono andate male, direttore?
«È sotto gli occhi di tutti che il centrodestra ha preso molti più Comuni e Province del centrosinistra, che 5 anni fa aveva fatto len plein. In molte zone del Paese la situazione si è capovolta. Il Pd deve chiedersi perché dal 2008 a oggi ha perso oltre 4 milioni di voti, e amministrazioni importanti e simboliche. Prato, o Sassuolo, le Marche, lUmbria: anche nelle zone rosse cè unerosione che non si può negare. Dire però siamo ancora in piedi va bene, ma non basta certo, i leader del Pd dovrebbero chiedersi perché sono a questo punto».
Lei ha una risposta?
«Primo: si è pagata leredità del governo Prodi, che doveva essere il governo del cambiamento e della speranza e invece è imploso per i litigi interni. Gli elettori se la sono legata al dito. Secondo: Veltroni ha fatto il massimo che poteva alle Politiche, il suo 33,1% era ottimo. Ma dal giorno dopo non si è capito più niente. La linea oscillava tra opposizione frontale e dialogo, sono scoppiate le guerre intestine della nomenklatura, sono arrivate da un giorno allaltro le dimissioni del segretario. Se il Pd perde voti non è colpa del destino cinico e baro, ma di una leadership collettiva che ha sbagliato i conti, la politica e il rapporto con gli elettori».
Ma Franceschini annuncia che è iniziato il declino di Berlusconi. È daccordo?
«Non lo so. Certo non si può liquidare quel che sta accadendo come fanno gli uomini del premier, dicendo che il buon risultato del Pdl ieri vuol dire che tutto il resto non conta e agli elettori non interessa. Non è che se uno vota il sindaco di Prato lo fa perché approva le ragazze di Palazzo Grazioli, lo fa perché sceglie un amministratore anziché un altro. I comportamenti privati sono privati, non faccio moralismi su questo. Ma il primo ministro non può commettere leggerezze che lo mettono nelle mani di personaggi inquietanti, escort o imprenditori che siano, perché diventa un grosso problema, e pubblico. Se Berlusconi non sta attento, il discredito che può riguardarlo si ripercuote su tutto il suo partito, e sullintera politica. E nel centrodestra credo che diversi si interroghino su come fronteggiare la valanga».
Intanto nel Pd si prende spunto anche da questo per parlare di rinvio del congresso.
«Sarebbe assurdo. Per tornare a votare Pd io - e credo molti altri - voglio sapere chi è il leader, voglio che sia un leader forte e non immediatamente assediato dalle fazioni interne, e voglio una linea politica chiara. Il congresso deve servire a questo, e a fare una seria autocritica e analisi su tutti gli errori fatti. Berlusconi ha i suoi problemi, ma ha anche una qualità: riesce a mantenere con i suoi elettori un rapporto diretto, forte, quasi fisico. A volte un po troppo fisico, ma il rapporto esiste».
Per il Pd no?
«I leader del Pd il giorno dopo le elezioni si dimenticano dei loro elettori, come fossero un fastidio.
«Impossibile far peggio, la sinistra cambi leader»
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