«Dimenticate» dal governo, «abbandonate al proprio destino» e ora «tagliate fuori» dalle  commesse della nuova Libia. Le piccole e medie imprese italiane protestano: non solo Roma non ci  ha protetto, ma con la sua iniziale prudenza contro Gheddafi, ci ha danneggiato. La denuncia  arriva dalla Camera di commercio Italafrica Centrale, secondo la quale «quasi tutte le nostre  pmi, superate da quelle anglo-francesi, non torneranno a Tripoli». Insomma, sostiene il  presidente dell'associazione Alfredo Cestari, «ad esclusione dell'Eni, l'Italia oggi è fuori  dalla nuova Libia: se n'è accorto il ministro Frattini?». Noi assenti? Non è vero, risponde la  Farnesina: «Sin dall'inizio della crisi abbiamo seguito da vicino gli interessi della comunità  economica e lavorato affinchè le attività italiane potessero essere preservate anche nel nuovo  contesto». E poi, nessuna prudenza, siamo stati i primi a riaprire le sedi diplomatiche. Ma per  confermare i vecchi accordi, per riaprire il canale privilegiato, toccherà aspettare «che  finisca la fase di transizione».
 Cestari non è convinto: «Abbiamo atteso vanamente segnali concreti di tutela a guerra in corso. Adesso la pressochè totalità delle Pmi impegnate in Libia definitivamente chiuso i rapporti con  Tripoli abbandonando ogni dinamica e prospettiva». Il recupero, dice, è impossibile: «Lasciati  soli sin dalla prima ora, gli imprenditori hanno perso investimenti e insediamenti realizzati in  Libia e oggi non sono disposti a ricominciare in condizione di oggettivo svantaggio rispetto ad  omologhe imprese francesi, inglesi o turche a cui, invece, i rispettivi governi hanno saputo  sapientemente spianare la strada». 
 Accuse che il ministero degli Esteri respinge totalmente. «È proprio grazie all'azione ed al  posizionamento internazionale del governo italiano nella crisi - si legge in una nota - ,  fortemente apprezzati dalle nuove forze politiche libiche, che l'Italia può oggi sperare, appena  le condizioni interne in Libia lo consentiranno, in una piena ripresa dei rapporti». La  Farnesina ricorda che «il governo italiano ha sin dall'inizio coinvolto ed impegnato in maniera  inclusiva tutti i principali soggetti del nostro sistema economico-industriale» e finanziario ed  è stato «il primo, tra gli europei, a inviare un proprio console generale a Bengasi ed ad avere  in Libia, dopo la liberazione di Tripoli, un ambasciatore pienamente accreditato».
 E proprio l'altro giorno Franco Frattini è volato a Tripoli per riformare i patti.
Le imprese: «Governo assente, lasciamo Tripoli». La Farnesina: «Noi presenti»
Le piccole e medie industrie denunciano una scarsa tutela di Roma e una linea iniziale troppo morbida con Gheddafi: «Sorpassati da francesi e inglesi». Replica il ministero degli Esteri: «Siamo stati i primi a riaprire i consolati, i libici apprezzano. Ma per rinnovare i contratti tocca aspettare la fine della transizione»
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