Cronaca locale

Le impronte? Si prendono da 67 anni

(...) resta però vuota: nemmeno uno straccio di proposta firmata dai buonisti che criticano la richiesta avanzata da Maroni. Non si stupisce però il prefetto, «queste misure del ministro dell’Interno vanno a tutela dei minorenni». Unica visuale che consente, spiega Lombardi, «di poter assistere i minori nelle strutture sanitarie poiché ne si conosce l’identità».
E, se ancora ci fosse qualche anima bella a mettersi di traverso, Lombardi precisa che «ci si è posti un problema, quello di bambini che vengono mandati a elemosinare - spesso da genitori che restano in Romania - e che sono riempiti di botte se non portano a casa il minimo garantito». Fotografia di violenze e degrado nei campi rom, dove «faremo il censimento piano piano in tutti gli insediamenti» e dove, impegno del prefetto, sarà a breve applicato un regolamento del funzionamento del campo «più moderno rispetto ai vecchi che non hanno dato buoni risultati», mentre «pensiamo di creare una nuova figura, quella degli amministratori dei campi».
«Figura» che servirebbe, ad esempio, al campo di Chiesa Rossa, zona Gratosoglio - uno dei dodici campi regolari - dove la commissione sicurezza del Comune «ha scoperto che su 150 persone presenti solo dieci hanno un lavoro». Per l’esattezza una parrucchiera, quattro baristi, due muratori e tre “mediatrici culturali“. Ah, particolare: su 59 minori, dentro Chiesa Rossa, sono 39 quelli in età scolare ma di questi, quasi la metà non vede un’aula scolastica. «Un pezzo di Milano che non è Milano e che non conosce legge» commenta Matteo Salvini (Lega), che sull’affaire delle impronte digitali per «eliminare qualsiasi alibi» preannuncia «la raccolta delle impronte per tutti i minori, italiani compresi». Richiesta, avverte Salvini, che «siamo pronti a presentare a Maroni» perché «gli italiani non hanno nulla da nascondere».
Assioma di chi, come afferma Salvini, invita il Comune «a far pagare almeno l’acqua, i rifiuti e l’occupazione del suolo pubblico» ai rom di Chiesa Rossa. Quelli che hanno «case prefabbricate, con tanto di parabola satellitare e stalle abusive» E per i quali, secondo don Virginio Colmegna, devono «aumentare gli interventi di prossimità e di volontariato, recuperando le radici etiche di solidarietà e fiducia».

Principi che non sono messi in discussione nella Milano dell’Expo 2015: quello che invece non è più accettabile è l’ipocrisia della città dei rom, nella città dei milanesi.

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