Gli impuniti Chiesa, reporter nababbo coi soldi dell’Urss

Secondo me, Vittorio Feltri è il più grande giornalista italiano. Tuttavia, sine ira et studio, intendo dialogare e non polemizzare con l’Ordine dei giornalisti della Lombardia, certamente composto da uomini d’onore, tesi stoicamente a far rispettare la deontologia professionale di tutti noi.
Agli emeriti colleghi, sottopongo il caso di Giulietto Chiesa, l’unico giornalista vivente, che, per circa otto anni, come corrispondente da Mosca, fu pagato e dotato di vari benefit non dal suo editore, bensì dallo Stato sovietico, con i denari nientemeno che della Croce rossa e della Mezza luna rossa dell’Urss.
Non rammento sanzioni disciplinari a carico del giornalista compagno, ma gli illustri colleghi dell’Ordine potranno rinfrescarmi la memoria.
Per loro comodità, riassumo, documentazione di archivio sovietico alla mano, la vicenda.
Ebbene, il primo luglio 1980, Alfredo Reichlin scrive al Cc (comitato centrale) del Pcus (Partito comunista dell’Unione sovietica) per annunciare che Giulietto Chiesa è stato indicato dal Pci come nuovo corrispondente da Mosca. A nome della segreteria Berlinguer, Adalberto Minucci, il tre luglio, conferma al Politbjuro l’insediamento di Chiesa, a partire dal primo settembre 1980.
A riprova che si tratta di un affare quasi di Stato, tra partiti fratelli, Giancarlo Pajetta, in vacanza in Unione sovietica, agosto 1980, ribadisce al Kremlino l’urgenza di chiudere l’operazione Giulietto Chiesa.
Il 18 agosto 1980 (estratto dal protocollo n. 224/53 della segreteria del Cc del Pcus) viene accreditato come corrispondente «il compagno Giulietto Chiesa» con il seguente trattamento economico:
«... incaricare il Comitato esecutivo della Mezzaluna rossa e della Croce rossa dell’Urss di: corrispondere al giornalista Giulietto Chiesa del quotidiano l’Unità uno stipendio mensile pari a 300 rubli e un sussidio straordinario per altri 300 rubli (all’incirca tre volte la paga del direttore della Pravda, ndr); pagare le spese per la permanenza temporanea di Giulietto Chiesa e famiglia in albergo fino al trasferimento nel proprio appartamento (in locazione a titolo gratuito, ndr); pagare le spese per l’arredamento dell’appartamento; fissare lo stipendio mensile di una traduttrice e segretaria del corrispondente nella misura di 160 rubli; pagare, secondo le norme vigenti, un corso per l’apprendimento della lingua russa; pagare le spese di viaggio di Giulietto Chiesa e della sua famiglia da Roma a Mosca (...); incaricare la redazione del quotidiano Pravda di pagare le spese telefoniche e postali del corrispondente dell’Unità; incaricare il quarto dipartimento centrale del ministero della Sanità della Rsfsr (Repubblica socialista federativa sovietica russa, ndr) dell’assistenza sanitaria e dei soggiorni in stabilimenti di cura».
Insomma, tra una cosa e l’altra, il Cc del Pcus stanzia per Chiesa oltre mille rubli al mese, una somma da favola anche per i massimi dirigenti della nomenklatura.
Per circa otto anni, fino a quando dall’Unità non fu cooptato dai compagni della Stampa, il giornalista italiano svolse la sua attività pagato profumatamente (rispetto ai colleghi sovietici) non dall’Unità, bensì dall’Urss, lo Stato che teneva puntati sull’Italia i missili «SS 20» a testata nucleare.
Sicuramente è una mia distrazione, visto che mi è sfuggita la reazione dell’Ordine dei giornalisti, che voglio credere sia intervenuto tempestivamente, una volta resi noti i documenti su Chiesa, per sanzionare un rapporto di lavoro, probabilmente non in linea con i sacri parametri della deontologia professionale.


Da italiano e da ebreo, tremo al pensiero di cosa accadrebbe al nostro corrispondente da Gerusalemme, se venisse fuori che è a libro paga di Netanyahu.
L’Ordine dei giornalisti spero vorrà rispondere alla richiesta di chiarimenti da parte di un suo fedele iscritto. Credo che anche Vittorio Feltri ne sarebbe confortato.

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