Incentivi, la partita a scacchi tra Torino e Roma

Il sistema industriale italiano che fa capo a Fiat Group Automobiles è in bilico. A poco più di due mesi dalla fine dell’anno, il messaggio che Fiat lancia è chiaro: il governo deve rendersi conto della situazione che l’attuale management ha ereditato. Tra Mirafiori, Melfi, Cassino, Pomigliano d’Arco e - fino al 2011 - Termini Imerese, per complessivi 21.900 addetti, in Italia si producono 645mila veicoli; più o meno lo stesso numero che sfornano l’impianto polacco di Tychy (600mila auto con 5.800 dipendenti) e quello brasiliano a Betim (700mila vetture grazie agli 8.700 lavoratori). La sproporzione, sottolineata anche ieri da Sergio Marchionne, è evidente. Una struttura del genere, dunque, determina che in Italia vengano prodotti veicoli in perdita. «Il governo - ha affermato il presidente Luca Cordero di Montezemolo - è chiamato a una scelta di tipo industriale», ovvero a considerare la proroga nel 2010 degli incentivi. In caso contrario, ha nuovamente ammonito Sergio Marchionne, «non c’è scelta: dobbiamo inchiodare gli stabilimenti, non è possibile rovinare il lavoro fatto in cinque anni. Gli effetti sull’occupazione sarebbero disastrosi». A Torino hanno dato fastidio le polemiche e i dibattiti sul fatto che gli incentivi, in realtà, sarebbero da considerare un dono del governo (e di quelli precedenti) a Fiat (e agli Agnelli). «È qualcosa che c’è nell’immaginario collettivo - osserva Montezemolo - ma in realtà questi incentivi ai consumi sono tutti pagati da Fiat, il sistema con cui sono erogati è totalmente finanziato da noi». I vertici del gruppo vanno oltre e fanno anche sapere che, a differenza degli altri Paesi dove le case sono state rimborsate dopo aver anticipato l’ammontare dei bonus, in Italia questi soldi vengono restituiti sotto forma di credito d’imposta. Il problema è che il Lingotto, dagli anni ’90, è ancora creditore per varie ragioni nei confronti dello Stato, di circa un miliardo di euro, di cui 417 milioni solo per gli incentivi scontati nei primi nove mesi del 2009 che diventeranno 570 al 31 dicembre. «Tutti soldi - viene ricordato - che finiscono per pesare sull’indebitamento del gruppo». Se saranno rinnovate le agevolazioni e lo Stato creerà le condizioni per «un atterraggio morbido» il sistema industriale di Fiat in Italia non subirà contraccolpi (basta in pratica la chiusura di Termini già annunciata dopo il 2011), in caso contrario con le immatricolazioni a 1,7 milioni rispetto ai 2,1 milioni stimati complessivamente nel Paese quest’anno, la situazione è destinata a precipitare. «La mia previsione - ha spiegato Marchionne - è che nel 2011 la “macchina” si rimetterà in movimento».


Intanto, a proposito delle ventilate frizioni tra l’azionista Fiat e il Corriere della Sera (e il gruppo Rcs) per alcuni articoli polemici usciti di recente, Marchionne ha risposto che «tutto resta come prima». Fiat è il secondo azionista di Rcs con il 10,5%.
PBon

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