MilanoSi chiama il Fatto. Ma vuole convincerci delle sue opinioni. Solo che la pagina scritta ieri dalla medagliata coppia Gomez-Travaglio non convince. La tesi è scontata: le inchieste sul Cavaliere non cominciano con la sua discesa in campo, ma prima, molto prima, quando era solo un imprenditore di successo. Peccato che lo svolgimento ci induca a ritenere il contrario. I due articolisti buttano in pagina tutto ma proprio tutto, mescolando i rapporti delle Fiamme gialle sulla droga degli anni Ottanta, la guerra dei ripetitori condotta dai pretori contro gli impianti del nascente impero del Biscione, i primi vagiti in direzione Fininvest da parte di Di Pietro nel 1992.
Tutto fa brodo, in un compendio enciclopedico che però manca il bersaglio: si va dallinchiesta romana del Pm Maria Cordova che però virerà su De Benedetti, a quella torinese sul centro commerciale Le Gru, finita in archivio, fino alle famose confidenze di Paolo Borsellino, poco prima di morire, a due cronisti francesi a proposito del triangolo Mangano-DellUtri-Berlusconi. Sussurri. Archiviazioni e ancora archiviazioni, in buona parte legate alla nascita dellimpero televisivo e alla rottura del monopolio Rai. E poi, rapporti della polizia giudiziaria e accenni a un traffico di droga, quasi a dipingere il Cavaliere come un possibile trafficante. Un imprenditore col profilo del gangster. E infatti si ricorda che nel lontano 1983 i suoi telefoni vengono messi sotto controllo. Lindagine, tanto per cambiare, verrà archiviata. Per il duo Gomez-Travaglio quella è una delle tante pagine nere di un curriculum criminale. Nella sostanza, però è solo un episodio. Le indagini sul Berlusconi imprenditore sono corredate, come spesso accade in Italia per le figure in ascesa, da voci, dietrologie e visioni di presunti peccati originali. Materiale sempre buono per cercare di spillare soldi e riconoscenza allinteressato, esca per mitomani pronti a spacciare notizie false che il tempo e la fama moltiplicheranno.
La verità è che le grandi inchieste partono non prima dellautunno del 93, ovvero nelle settimane in cui il tam tam sullingresso in politica di Silvio Berlusconi si fa sempre più insistente. Assordante. E diventa materia di studio per giornali e tv. Ben prima dellannuncio ufficiale, del 26 gennaio 94. Sarà un caso, ma Salvatore Cancemi, boss pentito della Cupola, comincia a parlare dei rapporti fra Cosa nostra e Berlusconi a dicembre 93. E sempre a dicembre, il 20 per la precisione, Francesco Saverio Borrelli manda al Cavaliere il primo preavviso di garanzia. «Quelli che si vogliono candidare - spiega al Corriere - si guardino dentro. Se sono puliti, vadano avanti tranquilli. Ma chi sa di avere scheletri nellarmadio... si tiri da parte prima che arriviamo noi». È la guerra preventiva a chi sta per buttarsi nella mischia.
Fra il business dei ripetitori, le fantomatiche partite di droga e gli accenni, immancabili, alla P2, il Fatto dimentica stranamente linchiesta più importante sul Cavaliere, esplosa in effetti prima della fondazione di Forza Italia con le perquisizioni delle sedi del gruppo Fininvest, del luglio 93. Una mancanza inspiegabile. Ma ancora più grave è il silenzio che avvolge lo sviluppo di quellindagine: ad avviarla è il sostituto milanese Margherita Taddei, un Pm defilato e lontano dal Pool, che in quelle settimane segue le mosse di un alto dirigente del Biscione, Salvatore Sciascia.
Poi il Cavaliere irrompe nellarena e quel fascicolo, fin lì uno dei tanti nella catena di montaggio della Procura di Milano, acquista importanza. Che cosa succede, grossomodo a Natale? Il Pool scippa letteralmente linchiesta alla Taddei (allinizio affiancandola) e lei ci resta male, malissimo. Protesta. Inutilmente.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.