Industria, ordini a picco A maggio crollo del 5,3%

Mai così in basso dal 2004. Male anche i fatturati

da Milano

Mai così in basso: l’industria italiana tocca il momento peggiore dal gennaio 2004, con gli ordini crollati a maggio del 5,3%, secondo i dati Istat, e del 3,1% rispetto ad aprile. Per quanto riguarda invece il fatturato, il calo è stato del 2,7% su base annua e dell’1,7% su base mensile. Preoccupa soprattutto la flessione particolarmente marcata (meno 6,2% ), degli ordini destinati al mercato estero, mentre sul mercato interno la riduzione è del 4,8% rispetto al maggio 2007. La situazione, però, si inverte se il confronto è fatto rispetto al mese di aprile: in questo caso infatti sono gli ordini nazionali a calare di più (meno 3,6% a fronte di un meno 2% degli ordinativi esteri).
Entrando nel dettaglio dei diversi settori produttivi, rispetto al maggio 2007 l’indice degli ordini ha segnato un unico incremento, pari al 5%, nella produzione di metallo e prodotti in metallo. Le variazioni negative più marcate si sono invece registrate in alcuni settori portanti del made in Italy, quali le industrie delle pelli e delle calzature (meno 19,3%) e la produzione di mobili (meno 11,3%): soffre anche la produzione di apparecchi elettrici e di precisione (meno 10,9%).
Non solo il dato «è peggiore delle attese»,commenta preoccupato Fabio Pammolli, direttore del centro studi Cerm, ma «investe i settori chiave del manifatturiero e, letto unitamente agli indicatori di caduta dei consumi, in particolare di beni intermedi e strumentali, e del valore della produzione, induce a far considerare ottimistica la previsione di crescita del Pil fissata allo 0,5% del Fondo Monetario Internazionale». Ma Bankitalia vede comunque positivo: nell’indagine sulle imprese industriali e dei servizi, gli esperti di via Nazionale prevedono che il fatturato dell’industria crescerà del 2,7% nel 2008. Per il terziario, invece l’aspettativa delle imprese è di una crescita dell’1,2%. Nel 2007, il fatturato a prezzi costanti ha registrato una crescita dell’1,3% nell’industria e dell’1,8% nei servizi. Per quanto riguarda l’industria l’incremento maggiore ha riguardato il settore metalmeccanico. Segno meno invece per quello energetico, che ha registrato un calo del 3,9% e per quello chimico (meno 0,8%).
Ma al di là del settore produttivo, quello che fa la differenza, alla fine, è il lavoratore: è questo il dato forse più importante che emerge dall’indagine condotta dagli esperti di via Nazionale. Non per nulla le imprese impiegano mediamente sei settimane e mezzo per trovare il lavoratore giusto, ma alla fine, oltre sette su dieci si dichiarano soddisfatte della propria scelta. Grazie ad esso, infatti, migliorano sia la qualità del prodotto sia la competitività dell’impresa stessa.

Nel dettaglio, sono le grandi aziende (con oltre 500 addetti) le più efficienti nella ricerca del lavoratore chiave e quelle che, alla prova dei fatti, registrano percentuali bulgare di gradimento in relazione al suo operato. Le imprese più piccole dell’industria e dei servizi, invece, vorrebbero che i loro lavoratori chiave avessero più esperienza o più istruzione rispettivamente del 29,1% e nel 23% dei casi.

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