Economia

Industria, produzione in tilt In novembre crollo del 12%

Crolla la produzione industriale: a novembre 2008, in base ai dati resi noti ieri dall'Istat, l'indice ha registrato una contrazione del 12,3% rispetto a novembre 2007. Anche al netto degli effetti di calendario (novembre scorso ha avuto un giorno lavorativo in meno rispetto al 2007) si registra una diminuzione su base annua del 9,7%, la più ampia dal gennaio 1991. Decisivo il contributo negativo dell’auto: a novembre si è registrato un calo del 46,4% su base annua e del 42,8% considerando gli effetti di calendario. E a rendere la giornata più cupa è arrivata anche il rapporto Ocse sulla zona euro, che per l’Italia ritiene urgente «uno stimolo fiscale anche se porterà a un aumento del debito. La «recessione è grave» e quindi bisogna privilegiare il breve al lungo termine, dice l’Ocse, che si è detta convinta che il peggio non è ancora alle spalle e che è in arrivo «una più ampia decelerazione della crescita» nell'Eurozona.
Secondo il centro studio Cerm sono tutti «numeri che innalzano ancor di più il livello di allerta, soprattutto se si considera che un dato tendenziale così negativo non si registrava almeno dal 1991». Nel complesso i dati sulla produzione industriale fanno temere nuove ricadute sull’occupazione e possibili effetti di moltiplicazione negativa: ossia minore domanda, minore produzione, minori redditi e quindi un’ulteriore diminuzione della domanda. Il Cerm fa fosche previsioni. «Dopo questi dati vi è il rischio che la recente impennata della Cig (cassa integrazione ordinaria) possa prolungarsi sino a tradursi in Cigs (cassa integrazione straordinaria) o in messa in mobilità» - rivela il rapporto.
L’Italia, ha detto il segretario generale dell’Ocse Angel Gurria, deve ricorrere all’arma dello stimolo fiscale per attenuare l’impatto della recessione, ma con «cautela», in quanto non solo è il Paese che ha uno dei tassi di crescita più bassi della zona euro, ma ha anche uno dei debiti pubblici più alti. Nel rapporto presentato a Parigi l’Italia, fra il 2003 e il 2007, figura al penultimo posto dell’Eurozona in materia di crescita, seguita dalla maglia nera Portogallo. Inoltre il responsabile del desk Italia dell’Ocse, l’economista Paul O’Brian ha rilevato il forte aumento nell’ultimo anno e soprattutto negli ultimi sei mesi dello spread (ossia la differenza) tra interessi e debito, soprattutto rispetto a quello tedesco considerato di riferimento in quanto è il Paese con il rischio più limitato.
«Ciò non significa però - ha aggiunto - che l’aumento del gap renda più costoso per il governo italiano finanziare il suo debito». L’indebitamento, a suo avviso, è comunque destinato ad aumentare in quanto «la recessione si sta rivelando più severa del previsto e quindi l’azione a breve termine è più importante di quella a lungo termine.

Le possibilità dell’Italia sono certo limitate dal livello dei debiti ma siamo in una situazione in cui gli stabilizzatori automatici devono operare», ha concluso l’economista.

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