Infangati dal «Fatto» senza diritto di replica Ecco tutta la verità sul programma di Sgarbi

Pubblichiamo una lettera inviata inutilmente domenica scorsa da Carlo Vulpio al direttore del Fatto Quotidiano Antonio Padellaro e all’Ansa.


Caro direttore, come qualcuno di voi forse sa, sono da vent’anni un giornalista del Corriere della Sera e, da qualche mese, uno degli autori del programma di Vittorio Sgarbi. Qualcuno di voi forse saprà anche - di sicuro, lo sanno i miei 37.499 elettori - che nel 2009, alle ultime elezioni Europee, sono stato candidato come indipendente nell’IdV, partito per il quale ho accettato di candidarmi per due ragioni: perché avevo creduto alla possibilità di un «nuovo corso» della politica italiana e per «legittima difesa» (stavano per arrestarmi ingiustamente, per una ipotesi di reato allucinogeno - associazione a delinquere finalizzata alla diffamazione a mezzo stampa in concorso morale esterno! -, che mi vede tutt’ora inquisito). Di questa storia, voi del Fatto, non parlate. Delle centinaia di migliaia di inutili e invasive intercettazioni che per quattro anni abbiamo dovuto subire (otto faldoni e 12 dvd) a opera di magistrati che agiscono come «legibus soluti», voi del Fatto, come del resto quasi tutta la stampa italiana, non parlate. Di che cosa parlate? E persino in apertura di giornale? Del nuovo programma di Sgarbi, al solito liquidato come esecutore di ordini dell’odiato Berlusconi, che «succhierebbe» otto milioni di euro dalle tasche degli italiani. E va bene. Ognuno sceglie di parlare di ciò che crede più giusto e più utile alla propria causa. Ma che almeno le cose raccontate siano vere. In questo caso, caro direttore, non sono né vere, né verosimili.
È incredibile come si possa parlare senza alcuna verifica di soldi che piovono come grandinasse, di titoli del programma che cambiano ogni giorno, di ospiti che scappano appena sentono che vogliamo invitarli. È assurdo che ci si debba «difendere», anche solo nella forma di una precisazione, da ciò che non esiste in natura. E in natura, caro direttore, non esistono né le affermazioni del tuo giornale, né - per dirne una - esistono ancora i nostri contratti. Proprio come lamentate voi per Vauro e il tuo vice Travaglio. La verità, caro direttore, è un’altra. Questo nostro programma, che viene attaccato e bocciato e infangato prima ancora di sapere nulla e di andare in onda, non lo voleva e non lo vuole nessuno. Perché è e sarà un programma libero. Perché io sono libero. Perché Sgarbi è libero. E liberi sono i giornalisti chiamati a collaborare con noi.
Ti sorprenderò, caro direttore, ma posso dirti, senza timore di sbagliarmi, che questo programma non lo vogliono né a destra, né a sinistra - dove, va detto, non s’è mai visto alcuno mostrare lo stesso indignato impegno per i due milioni e duecentomila euro all’anno a Fabio Fazio, i 750 mila euro a Michele Santoro, i 700 mila euro a Serena Dandini, i 400 mila euro a Giovanni Floris e via elencando. Non solo. A parte il direttore generale Rai, Mauro Masi, che con noi si è comportato con correttezza e signorilità, questo programma sembra che non lo vogliano nemmeno in Rai.

Ma poiché siamo stati sempre ottimisti e determinati, ecco l’ultima carognata: far filtrare all’esterno notizie infondate e diffamatorie che potessero mettere in moto la Macchina del Fango. Non fare in modo, caro direttore, che questa macchina diventi la Macchina del Fatto.

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