Ma per gli inglesi il verso più bello è di Bono

La notizia è arrivata di soppiatto, come di solito accade ai sondaggi musicali: secondo 13mila spettatori inglesi del canale Vh1, il verso di One degli U2, che tradotto in italiano recita «Una vita/ con tutti gli altri/ sorelle, fratelli», è il più bello di sempre. Più bello della depressione nichilista degli Smiths in How soon is now («E vai a casa/ e piangi/ e vuoi morire»), più bello persino di Redemption song, la preghiera ottativa di Bob Marley che recita «Nessuno tranne voi può liberare le vostre menti» e che da trent’anni è ormai un canto ecumenico. Dicono che Bono abbia scritto il testo di One quasi di getto, in un pomeriggio di inizio anni Novanta, quando gli U2 erano già la più grande rockband del mondo ma non ancora la migliore. Quando lui non aveva ancora confidenza con presidenti e premi Nobel, quando il rock aveva dimenticato il suo slancio egalitario e desiderava solo punirsi, annientarsi, mescolarsi agli altri suoni del mondo. Sono stati (anche) gli U2 a dettarne il rinascimento, a individuare la terza via che ne conservasse il furore, talvolta anche la übris, ma lo piegasse all’attualità.

E così quando, nel verso dopo quello premiato, Bono canta «Siamo una cosa sola/ ma non siamo la stessa» ha dato la direzione decisiva, ha inventato il terzismo del rock, la sua nuova via. Ancora oggi, quattordici anni dopo, quando gli U2 negli stadi cantano One, sugli spalti corre il brivido dettato dai versi più belli del rock che tutti ripetono davvero come fratelli e sorelle.

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