«Ingressi gratuiti? Ma non scherziamo. Per quanto mi riguarda i prezzi sono anche bassi». Non ha dubbi Marco Goldin, soprannominato il «re Mida» dellarte grazie ai suoi successi nellorganizzazione di mostre pubbliche come quella su Monet, Van Gogh e Cezanne, «botti» da mezzo milione di visitatori.
Biglietti troppo alti? Proprio lei che a Treviso e a Brescia ha inventato un business che alle mostre attira un pubblico da stadio...
«Appunto. Io non sono un direttore di museo, ma una società privata che si espone per milioni di euro. Da quei soldi devo rientrare».
Sì ma i suoi biglietti costano 12 euro. Non è abbastanza?
«Sa quanto mi sono costate in organizzazione, trasporti e assicurazione le mostre di Gauguin, Van Gogh e Turner? Dieci milioni di euro».
Non dica che non ci ha guadagnato, avevate prenotazioni di mesi...
«E invece ci ho perso, colpa mia che punto troppo in alto con la qualità delle opere».
Con mostre così altisonanti non le dovrebbe essere difficile reperire sponsor.
«Mica tanto. In questi anni ho avuto contatti anche con multinazionali molto interessate ma che offrivano cifre ridicole».
Gli intellettuali la criticano, dicono che fa mostre troppo commerciali che infarcisce di eventi pur di attirare pubblico
«Tutta invidia. La verità è che io ho inventato nuove modalità di comunicazione per avvicinare tutte le persone allarte, alla cultura. La gente ha risposto e a molti parrucconi dà fastidio».
Mi faccia qualche esempio.
«La mia pubblicità va nei supermarket e nelle stazioni, mica sulle riviste darte. E poi ho un file di mezzo milione di persone che ricevono la mia newsletter».
Complimenti, lo fanno i musei internazionali
«Grazie».
Se la nominassero direttore degli Uffizi come li gestirebbe?
«Come unazienda, troverei nuove formule di finanziamento».
Si affiderebbe a una società come la sua?
«Forse no, unazienda pubblica deve muoversi secondo propri codici».
A Brescia, per la sua prossima mostra sulla pittura americana aveva ordinato anche la diligenza di Buffalo Bill. Non le sembra di esagerare?
«Proprio no, eppoi la carrozza non ci sarà, dalla porta del museo non ci passa».
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