Sarà che le ragazze di Milano hanno un passo di pianura, come cantava Fabrizio De André, e riescono a vivere la città perché se la camminano. Fatto sta che inventano e scrivono storie inedite, riscoprendo spunti letterari su Milano che credevamo perduti. E così romanzi, racconti e guide sentimentali della città compilati dalle milanesi proliferano e hanno successo, diventando in breve piccoli culti da passaparola. Così è accaduto a 101 cose da fare a Milano di Micol Beltramini, in un anno alla 12^ edizione - le ultime due solo a Natale - con oltre 50mila copie vendute. Tanto che l'autrice ci riprova tra un mese con 101 luoghi dove innamorarsi a Milano (Newton Compton), perché ha «scoperto» che la città è insospettabilmente tra le più romantiche d'Italia e vuole dimostrare quanto sia facile innamorarsi di uno stesso libro al Libraccio, della cameriera del Capetown o dell´esperta informatica dell´Apple Store, di un´auto affiancata in Circonvallazione o del bacio di Hayez a Brera: «Milano è una città in cui non si parla spesso d'amore - spiega lautrice -. Ma quando lo si fa è con rispetto, con serietà bella, fatta di consuetudine più che di gran saliscendi, di solidità più che di slanci insensati. Io all'inizio la odiavo, la mia città. L'espiazione è cominciata con questi libri. È stato solo girandola da cima a fondo che ho potuto innamorarmene senza scampo».
Il successo in libreria è toccato anche a Case altrui (Cairo) di Hilary Belle Walker: due edizioni in due settimane per un romanzo in cui le nevrosi metropolitane - cagnone da portare a spasso, workaholism, psicanalista, amici dell'alta società da affrontare con charme - si trasformano in dieci sagaci e divertenti quadri autobiografici che nulla invidiano alla saga di Sex and the City. Anche se nel libro non c'è sesso né shopping: a farla da padrone sono letteratura, librerie e Milano. Perché Hilary, nata e cresciuta a San Francisco, ex studentessa di teatro alla Ucla (Università di California, Los Angeles), venuta in Italia dieci anni fa alle calcagna di una grande storia d'amore, è la più bella libraia della città nella libreria più chic nel cuore della Milano bene, nella quattrocentesca Casa degli Atellani di corso Magenta. Materiale per un romanzo ce n'è finché si vuole: «Il personaggio Hilary sono io al centopercento - ci racconta -. Forse anche per la mia dannata inclinazione verso il bello mi sono trovata a fare parte di quella Milano chiamata bene. Che non è così diversa dalla San Francisco bene, cui ero esposta per via delle scuole che ho fatto. Il libro è stato proposto a tutte le case editrici più grandi degli Stati Uniti. Ho tenuto una bottiglia di champagne in frigo per un mese. Ma alla fine è stato rifiutato da tutti. Motivo? La mancanza di un lieto fine. Questo agli americani proprio non va giù».
Inedito anche lo sguardo della milanese Alessandra Giordano e del suo esordio Cadorna non è una fermata (Viennepierre) che in tredici racconti viaggia per Milano in metro, da Sesto a Bisceglie, guardando la città da sotto in su. In Petali troppo sottili un uomo supera a Pagano il dramma del tradimento; nel racconto che dà il titolo alla raccolta, un rampante architetto di Saronno è costretto alla metro da un guasto all'auto e scopre un mondo inaspettato; in Ci sentiamo su emmeesseenne, la metro si ferma nel tunnel da De Angeli a Wagner e il vagone si fa «ambiente casalingo», dove solo i giovani non hanno paura. «L'idea mi è venuta in metropolitana, naturalmente - ci spiega la Giordano -. Viaggiando da De Angeli a Turro tutti i giorni per lavoro. Milano è ricca di ispirazione anche in superficie: basta concedersi il lusso del tempo per guardarla. A Roma è troppo facile, qui invece la città va scoperta. Dai cortili dei bei palazi di corso Venezia alla stazione Bovisa, alle 6 di sera, in novembre».
La «protesta vivente» di una malattia come l'anoressia, spunto per opporsi all«ossificazione del mondo», è il tema di 360 gradi di rabbia (Excelsior1881), il primo romanzo della giovane Elena Mearini, attrice e allieva di scrittura di una firma narrativa milanese per eccellenza come Raul Montanari, che ha coniato una «scrittura scenica», appresa forse sulle tavole del Franco Parenti, forse al cinema, dove è arrivata con Aldo, Giovanni e Giacomo nel 2000.
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