Innovazione

Demenze, alcune proteine possono "prevederle": lo studio

Grazie a specifiche proteine scovate dalle analisi al sangue si può prevedere l'insorgenza di demenze molte anni prima che si manifestano: ecco i risultati della ricerca e le implicazioni per il prossimo futuro

Prevenire Alzheimer e demenze con gli esami del sangue: ecco quali possono "prevederle"

Ascolta ora: "Prevenire Alzheimer e demenze con gli esami del sangue: ecco quali possono "prevederle" "

Prevenire Alzheimer e demenze con gli esami del sangue: ecco quali possono "prevederle"

00:00 / 00:00
100 %
Tabella dei contenuti

La notizia pone le basi per un nuovo e importante approccio sulla prevenzione delle demenze più comuni che attanagliano milioni di persone in tutto il mondo: un'analisi su circa 1.500 proteine ​​del sangue ha identificato biomarcatori che possono essere utilizzati per prevedere il rischio di sviluppare alcune patologie come Alzheimer, Parkinson e tante altre fino a 15 anni prima della diagnosi.

I risultati dello studio

I risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica internazionale Nature Aging e rappresentano un enorme passo avanti verso uno strumento che gli scienziati di tutto il mondo inseguono da decenni: semplici esami del sangue per poter rilevare precocemente malattie invalidanti quali il Morbo di Alzheimer e altre forme di demenza ad uno stadio molto precoce. Scendendo nel dettaglio, i ricercatori hanno analizzato campioni di sangue di oltre 50mila adulti sani i cui dati sono inseriti nella Biobanca del Regno Unito: 1.417 hanno sviluppato qualche forma di demenza nell'arco dei 14 anni della durata dello studio. Tra tutte le proteine prese in esame, alti livelli soprattutto di quattro di esse chiamate GFAP, NEFL, GDF15 e LTBP2 erano fortemente associate alle demenze.

L'importanza della ricerca

"Studi come questo sono necessari se vogliamo intervenire con terapie modificanti la malattia nelle primissime fasi della demenza", ha affermato la prof. Amanda Heslegrave, neuroscienziata dell'University College di Londra, in una dichiarazione allo "Science Media Centre" di Londra. La scienziata sottolinea come questa questa ricerca abbia utilizzato un’eccellente risorsa della biobanca del Regno Unito e una tecnologia già ampiamente utilizzata. "I risultati sembrano solidi data la conoscenza che già abbiamo sul fatto che GFAP sia altamente associato all’AD e che NfL non sia specifico per nessuna demenza – aggiunge -per una diagnosi accurata e la differenziazione tra le demenze abbiamo bisogno di pannelli mirati di biomarcatori".

Il ruolo delle proteine nelle demenze

Gli studiosi hanno poi spiegato che la GFAP, una proteina che fornisce supporto strutturale alle cellule nervose chiamate astrociti, è già stata associata a un marcatore diagnostico per la malattia di Alzheimer così come quella chiamata GDF15. Lo studio mette in luce che i pazienti con valori alti di GFAP nel sangue "hanno più del doppio delle probabilità di sviluppare demenza rispetto alle persone con livelli normali e quasi tre volte più probabilità di sviluppare l'Alzheimer".

I ricercatori si sono poi serviti di alcuni algoritmi predittivi per combinare i livelli dei quattro biomarcatori associandoli a fattori quali età, sesso, livello di istruzione e storia familiare. A questo punto il modello è stato "addestrato" per ricavare informazoni su due terzi dei partecipanti alla ricerca e utilizzati i dati di quasi 17mila persone rimanenti. Ebbene, il modello ha previsto l'insorgenza futura di tre sottotipi di demenze, tra le quali il Morbo di Alzheimer, con una precisione del 90% ben più di 10 anni prima della diagnosi ufficiale e quindi della comparsa della malattia. “Sono necessari ulteriori studi, anche su popolazioni più diversificate, per verificare questi test e modelli predittivi. E, anche quando i test si dimostrano promettenti in studi come questo, devono comunque passare attraverso l’approvazione normativa prima di poter essere utilizzati in ambito sanitario", ha sottolineato la dottoressa Sheona Scales, direttrice della ricerca presso l'Alzheimer's Research UK.

Leggi anche:

Commenti