Innovazione e organizzazione: così l'Azienda Ospedaliera universitaria delle Marche è tra le migliori in Italia

Eccellenza sanitaria in Italia: il direttore generale Gozzini ha spiegato a il Giornale le strategie che mantengono l'AOU Marche al vertice delle classifiche Agenas

Armando Marco Gozzini a destra, il professore Antonio Dello Russo e al centro il calciatore della Fiorentina Edoardo Bove
Armando Marco Gozzini a destra, il professore Antonio Dello Russo e al centro il calciatore della Fiorentina Edoardo Bove
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Armando Marco Gozzini, direttore generale dell'Azienda Ospedaliero Universitaria delle Marche, in un'intervista esclusiva a il Giornale ha spiegato in che modo l'AOU da lui diretta si è riconfermata come uno dei migliori ospedali pubblici d'Italia in base alle classifiche stilate da Agenas (Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali).

L’Azienda Ospedaliera universitaria delle Marche è tra le tre aziende in Italia riconosciute per i migliori esiti delle cure insieme a Humanitas e Careggi, quali sono le strategie per mantenere alto il livello delle vostre cure?
Lavoriamo nel rispetto degli indicatori di qualità, rispettando il rapporto volumi ed esiti delle cure. A differenza di altre Aziende sanitarie, otteniamo in maniera complessiva il raggiungimento degli standard prefissati quali-quantitativi tutte le aree nosologiche.

Oggi, che tipo di iniziative, in termini operativi, un'Azienda ospedaliera deve realizzare per mantenere un standing qualitativo elevato di diagnosi e cura?
Bisogna stare al passo con l’innovazione tecnologica, sia nella diagnosi che nella cura. A tal proposito, ritengo che essendo triplice la nostra mission, sia assistenziale sia di ricerca che di formazione in un'Azienda Ospedaliera integrata con l’Università, la tecnologia possa favorire e stimolare l’adeguamento all'innovazione e al cambiamento.

Che tipo di innovazioni tecnologiche bisogna realizzare immaginando i cambiamenti della sanità in futuro?
È fortemente ipotizzabile che sulla persona interverranno dei sistemi di monitoraggio della condizione di salute e di malattia: sarà una sanità digitalizzata, che utilizzerà funzioni predittive e algoritmiche in base ai dati del fascicolo sanitario e della cartella clinica, della persona e della storia familiare.

Quali sono i processi/percorsi organizzativi da portare avanti in una sanità moderna che tiene conto dei cambiamenti in termini di salute e del bisogno?
La “presa in carico” come modello, delegata a un clinical manager che sia un medico di famiglia, anche in collaborazione con altre figure mediche dotate di strumenti tecnologici e organizzativi, sarà la chiave di volta sia per chi non ha bisogno di cure che per i malati. È auspicabile che venga realizzato un solido modello di prevenzione e predizione a partire dall'infanzia e che consentirà cure in modo adeguato e appropriato, sempre più equo e senza frammentazioni. In questa direzione va,come conseguenza, il miglioramento delle liste d’attesa laddove una presa in carico performante può indirizzare il medico a prescrivere visite o esami più appropriati al profilo clinico del paziente, utilizzando tutte le fonti storiche sui dati del paziente e le evidenze cliniche e predittive.

Oggi, per far fronte all'invecchiamento della popolazione e all'aumento della cronicità con relative tipiche patologie, quali strumenti si possono utilizzare?
Abbiamo tutti bisogno di cure: alcuni modelli perseguibili possono essere quelli di ospedali o strutture “virtuali” per curare e monitorare a distanza, superando in parte anche la telemedicina con il “one to one”, con, in più, i plus di una gestione integrata con più persone insieme e, contemporaneamente, con l'uso di device indossabili e monitorati e tracciati anche a distanza.

Quale impulso sta dando il Pnrr ai sistemi sanitari e quali opportunità stiamo cogliendo con la sua applicazione?
Pnrr nasce per imprimere un forte cambiamento di approccio alla cura, nell’ottica di una gestione più vicina alle persone, con strumenti territoriali e di consulto diretto. Ciò significa che le risposte le dovremmo trovare lontane dagli ospedali, che devono essere orientati solo alle acuzie e all’alta complessità. L’aumento dell'assistenza domiciliare integrata al sociale può essere un’ulteriore risposta univoca al bisogno

Come si immagina la sanità per i nostri figli fra 30/40 anni, viste le sue molteplici esperienze nella gestione di questo settore?
Immagino l’esistenza di importanti ospedali-Hub di secondo livello per la cura di patologie acute e complesse, sia in ambito medico che chirurgico, con vari pronto soccorso per le vere emergenze.

Invece, immagino una forte capillarità per le cure dei cronici e per la prevenzione, da portare avanti in centri medio piccoli che utilizzino molta tecnologia e big data per il monitoraggio, che abbiano a disposizione strumentazioni diagnostiche di base per inquadrare e gestire sempre più la salute e sempre meno la malattia, ove fosse possibile.

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