Si è girato e rigirato in mano un foglietto, fino a gualcirlo, durante tutto il tempo di svolgimento del «rito» delle nomine dei nuovi consiglieri. Poi, una volta venuti fuori i nomi, Vincenzo Lorenzelli non ce lha più fatta. Ed è sbottato, teso in volto come nessuno laveva mai visto in otto anni di presidenza al vertice della Fondazione Carige: «Rassegno le mie dimissioni. Me ne vado». Nessuna spiegazione, ma in sala nessuno ha fatto finta di non capire. Il professore, ormai ex presidente, non ha apprezzato metodo e merito di una svolta che, a suo giudizio, lo avrebbe messo sotto tutela. La situazione sarebbe precipitata dopo lintesa che ha portato alla nomina, nel consiglio di amministrazione della Fondazione, di monsignor Giorgio Noli, vicario dell'arcivescovo Angelo Bagnasco per le questioni sociali. Una nomina proposta sabato, ufficialmente, dal presidente della Regione Claudio Burlando con una lettera aperta rivolta al presule. Immediato lassenso di Bagnasco che non era stato, ovviamente, colto di sorpresa. E ieri mattina la ratifica, allunanimità, da parte dei 26 consiglieri di indirizzo (assente, per motivi di salute, il solo Giancarlo Piombino, oltre allo stesso Lorenzelli). Dal punto di vista formale, le dimissioni di Lorenzelli non aprono vuoti di potere: «La Fondazione ha continuità di gestione» hanno voluto precisare subito alcuni dei nuovi eletti al termine della seduta.
Allesterno del palazzo, intanto, leco è enorme. Al contrario dei commenti pubblici. Particolarmente caustico quello del capogruppo dei Comunisti italiani in consiglio regionale, Tirreno Bianchi, che parla di «spartizione ipocrita, insalata russa impastata nel potere fine a se stesso, papocchio politico. Tempo fa - insiste Bianchi - don Antonio Balletto aveva proposto l'immagine di una Genova in mano alle caste. Oggi potremmo osservare che queste case si stanno blindando per resistere il più a lungo possibile. Che altro dire della spartizione ipocrita nell'organigramma di vertice della Fondazione Carige? Esempio lampante - aggiunge - della solita politica che ha smarrito ogni connotato di riconoscibilità: laici e clericali, destra e sinistra. Tutti insieme. Tutti mescolati in quest'insalata russa impastata nel potere fine a se stesso. Per cui il presidente laico di Regione Liguria può tranquillamente regalare a monsignor Bagnasco una posizione da ago della bilancia nella più importante istituzione finanziaria ligure. Ancora una volta ci troviamo di fronte alla totale assenza di trasparenza sulle procedure e sui criteri di queste nomine.
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