Il Giornale del Cavallo

Come insegnare correttamente l'Equitazione

Come insegnare correttamente l'Equitazione

Il Tecnico/Istruttore quando fa lezione deve valutare un’infinità di elementi:

- l’abbinamento cavallo-cavaliere, non solo in base alle rispettive capacità tecniche, ma anche in relazione alla mole dei rispettivi atleti. Sicuramente non si farà montare un pony a un ragazzo alto 180 cm;

- avere oltre a capacità tecniche è indispensabile molta intuizione nel risolvere i problemi;

- importante mettere in risalto anche delle tecniche di marketing nelle nostre lezioni che mettono in risalto la “soddisfazione”. Tutte le volte che un allievo termina una lezione DEVE aver imparato qualcosa dal un punto di vista pratico in sella o anche teorico, questo lo motiverà ad andare avanti e continuare;

- si devono stabilire dei traguardi da raggiungere a breve ed a lungo termine, in modo da fissare anche per l’allievo degli obiettivi. I punti a cui tendere possono essere un’infinità dal partecipare alla manifestazione del prossimo weekend, all’imparare un partenza al galoppo per presa di equilibrio o un cambio di galoppo in aria;

- aver ben chiaro un rigido sistema base di lavoro, che poi si dovrà adattare alle capacità di apprendimento di ciascun cavaliere e cavallo. Non esiste in assoluto una tecnica infallibile che vada bene per tutti i cavalieri e cavalli, essendo caratterialmente diversi gli uni dagli altri. Al metodo e all’ippotecnìa ogni istruttore dovrà aggiungere una gran dose di “tatto e sensibilità equestre” che sono doti naturali e personali che al massimo possono affinarsi;

- essere sempre un punto di riferimento per gli allievi e tutti i soci, diventando un esempio di fair play, correttezza, contegno ed educazione.

- diversificare le lezioni per non renderle monotone sia per il cavallo che per il cavaliere e cercare di creare gruppi di cavalieri che siano ad un livello tecnico omogeneo;

- avere in campo un corretto abbigliamento equestre (i pantaloni da cavallo esigono sempre gli stivali e la maglietta detesta rimanere fuori dai pantaloni), evitando di indossare per esempio la tuta che va bene per altri sport. Si deve evitare di masticare chewin gum, di rispondere al cellulare prolungandosi in conversazioni e non si dovrebbe neanche lasciare lunghi silenzi in maneggio. Il portamento di un istruttore deve essere sempre impeccabile, per esempio si dovrà evitare di avere le mani in tasca e in caso di freddo sarebbe opportuno indossare un bel paio di caldi guanti.

- si deve tenere in campo la posizione che ci permetta sempre di tenere sotto controllo ogni esercizio. Per esempio in un esercizio in circolo, l’istruttore si dovrà posizionare all’esterno del circolo al fine di poter osservare gli aiuti interni ed esterni. In un esercizio di salto come il “dentro e fuori” il tecnico si dovrà posizionare al termine dell’esercizio vicino all’ostacolo più impegnativo per poter valute l’avvicinamento ad ogni difficoltà e la preparazione all’esercizio successivo.


In una lezione di base la priorità dei compiti si può così classificare:

1° compito, per motivi di sicurezza, è far acquisire la posizione sia seduta che sull’inforcatura al “cavaliere neofita”;

2° compito è far acquisire l’assetto e quindi il corretto equilibrio nell’esecuzione di vari esercizi in sella;

3° compito è di insegnare all’allievo a “sentire” come si muove il cavallo, senza guardare i suoi movimenti. Solo successivamente si potrà iniziare ad insegnare gli aiuti (mani, gambe…) e il resto…

Sia all’interno di una cavallerizza che in campagna il Tecnico/Istruttore di Equitazione deve utilizzare un linguaggio chiaro, diretto e con voce stentorea e decisa, come quello “da caserma”, non a caso si chiamano “Ordini di Maneggio” e come si usano in cavalleria gli ordini non sono brevi (come in fanteria), ma vengono allungati, per esempio: PAS …SOOOO, TROT…TOOO, con una breve pausa dopo il primo monosillabo.

Questo per consente di dividere l’ordine in 2 fasi: una di preparazione e l’altra d’esecuzione.

In ogni caso è giusto precisare che non si deve urlare in campo, in quanto molti allievi si bloccano e altri si innervosiscono.

Superfluo da precisare è di evitare il turpiloquio, che è ormai fuori moda…!
Un buon istruttore deve capire la differenza tra l’essere autoritario e l’essere autorevole, di conseguenza cercare di optare per l’autorevolezza. Evitare di essere prolissi nello spiegare, ma bisogna limitarsi all’essenziale.

Sarebbe prassi abbastanza diffusa prima dell’inizio della lezione dire agli allievi su cosa si intende centrare il lavoro e magari al termine chiedere se hanno avuto dei dubbi.


Nell’equitazione americana nell’insegnamento ci si rifà spesso ai canoni di formazione canadese, che prevedono quando si spiega un esercizio “nuovo” di seguire il seguente iter:

- in arena, il tecnico spiega tecnicamente l’esercizio all’allievo in sella;

- poi montando il cavallo dell’allievo dimostra come fare quel determinato esercizio, che può essere un cambio di piede in aria o un side pass (passi laterali);

- successivamente l’allievo monta il cavallo ed esegue il nuovo esercizio.

Nella prassi della monta inglese normalmente l’istruttore si limita a spiegare l’esercizio, in quanto si ritiene che il mostrare come si fa, montando personalmente a cavallo, sia da considerarsi una sconfitta come tecnico e una dimostrazione di essere solo un bravo cavaliere. In quanto il bravo istruttore deve saper trasmettere senza mostrare personalmente.


In ogni caso, ritengo che l’istruttore dovrebbe montare sul cavallo dell’allievo solo in alcuni casi limite, per esempio:

- quando ci si accorge che l’allievo è “nel pallone”, cioè in uno stato di confusione mentale che non recepisce più gli ordini dell’istruttore;

- quando il cavallo inizia a fare delle gravi disobbedienze che devono essere subito rimosse con decisione (esempio inizia ad impennarsi o altro…) e l’istruttore ritiene che l’allievo non sia all’altezza di reprimere con la giusta fermezza determinati comportamenti pericolosi;

- quando è ormai erroneamente accettato dall’allievo che non riesce a fare un esercizio per colpa del cavallo e quindi non si concentra più sui propri errori.

In base agli innovativi canoni pedagogici di insegnamento si è ormai di opinione comune che nei casi in cui un allievo non riesca ad espletare correttamente un esercizio, non si debba insistere all’infinito stremando cavallo e cavaliere, ma accettare l’insuccesso e spostare l’attenzione su un altro esercizio, per poi poter riaffrontare il precedente lavoro successivamente, con maggiore tranquillità.

Questo perché in equitazione apprendere un esercizio nuovo non implica solo la sua conoscenza, ma esige che sia eseguito correttamente per ottenere il risultato desiderato. Spesso l’allievo ha compreso correttamente il movimento, ma eseguendolo non ottiene il risultato richiesto dal cavallo. In questi casi non bisogna arrendersi, ma spronare l’allievo ad insistere affinché apprenda quelle sfumature nell’esecuzione che determinano il risultato corretto”.

Il Manuale di Piero Acquaro contiene una prefazione firmata da Mogol, ed ha ricevuto gli auguri dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri; si tratta di un documento completo sul mondo equestre nel suo complesso.
Info su:
http://www.

nonsolocavallo.it/vendita/prodotti-cavalli-equitazione-lequitazione-suoi-segreti-manuale-didattico/11916/914/0/0/0



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