Insicuri, piccoli o irraggiungibili Poco europei i parchi di Milano

Viaggio nelle aree verdi della città: bene la pulizia ma colonnine Sos assenti o guaste e servizi da rivedere

Lo chiamano «Bosco in città» e con voce lombarda dovrebbe rappresentare il Bois de Boulogne all’italiana, ma il confronto con il parco parigino è davvero impari. E non perché la zona verde lungo via Novara sia brutta. Tutt’altro. Anzi semmai è fiabesca. Nel senso che sarebbe un fondale perfetto per una delle avventure un po’ strappalacrime dei Fratelli Grimm. In primis un remake di Cappuccetto rosso: per il ruolo del lupo non ci sarebbe che l’imbarazzo della scelta. Qualche guardone solitario, oppure, metaforicamente alcuni percorsi sterrati dove la manutenzione lascia a desiderare. Di non cadere. Il problema vero di questo, come degli altri parchi milanesi, è che siamo a Milano. Tautologia si dirà, ma è così, e un mini tour - nemmeno troppo scientifico - fra parchi e zone verde cittadine lo dimostra: le capitali europee considerano le loro zone verde come delle risorse, alla stregua di monumenti e musei. Lo capisci dalle guide turistiche che, fra le dieci cose da non perdere, ti infilano sempre un parco o un giardino. E i turisti dopo il British museum o il Louvre si fiondano: «Al parco, al parco!». A Milano a restare delusi non sono solo i turisti, ma i milanesi stessi che non hanno il verde che una grande città si meriterebbe. Prendiamo Bosco in città o Parco Trenno: così vicini fra loro da farsi concorrenza, così lontani dal centro e dalla metropolitana, anche se serviti dai mezzi di superficie. Oasi meravigliose di cui non è però facile godere. Parco Trenno, per esempio, non è recintato: ovvio che la notte non sia raccomandabile inoltrarvisi, ma di giorno offre una miriade di possibilità. Non c’è sport che non vi si possa praticare, c’è perfino il campo da beach volley con tanto di sabbia. Peccato che manchi l’ombra e che d’estate l’area si trasformi in un verde Sahara, tanto più che c’è solo una cabina telefonica su via Novara se aveste dimenticato il telefono proprio quando siete presi da un attacco di panico. Le guardie invece «ricevono» dalla parte opposta, su via Giorgi, ma solo una volta alla settimana. Non manca l’ombra invece nel «Bosco» creato nel 1974 da Italia nostra, per essere il nostro Hyde Park: la zona è cintata, molto suggestiva, con lo skyline dell’inceneritore Silla e dei palazzoni di San Siro che ti ricordano di essere in città mentre laghetti, zone umide e il fitto della vegetazione te lo fanno dimenticare subito. Eppure serpeggia un senso di inquietudine, nonostante un cellulare affisso agli ingressi, cui rivolgersi in caso di emergenza. È come essere davvero in un bosco: non si può pretendere di selezionare gli incontri, ma magari vigilare su qualche gruppetto che cerca sempre di accendere un barbecue en plein air nonostante ci siano delle cascine attrezzate per creare il pic-nic perfetto. Per chi sia più pavido meglio allora un giardino, come il Solari-Don Giussani, il Ravizza o il parco delle Due Basiliche: i loro «comfort» in replica si assomigliano però tutti, senza emozione. Sono puliti, hanno viali, giochi e area per cani, ma sono irrimediabilmente senza fascino, e spesso mal frequentati. Ben altra cosa che un Jardin du Luxembourg nel quartiere latino di Parigi o un St. James’s Park a Londra, entrambi parchi centrali e non giganteschi.

Per sorridere un po’ bisogna spingersi più in centro: parco Sempione e, in misura ridotta, anche i Giardini di Porta Venezia alzano la media e calamitano l’attenzione di forze dell’ordine e giardinieri. Peccato che per tutti i milanesi davvero non bastino.

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