da Roma
Imbarazzo. Ma anche contraddizioni svelate e battaglie politiche compromesse. Con quattro parole il deputato di Rifondazione e leader dei no global Francesco Caruso ha tirato uno sgambetto alla sua coalizione, e soprattutto ha condizionato il braccio di ferro in corso sulle modifiche alla legge Biagi a sfavore del suo partito e della sinistra radicale.
«Biagi e Treu assassini», aveva detto giovedì a proposito delle loro leggi sul lavoro, poi si è corretto in parte, ma il giorno dopo la sua infelicissima uscita le difficoltà più grandi per la maggioranza sono su come gestire la lotta alla precarietà e alla legge 30 che la sinistra massimalista porterà alla ribalta con la manifestazione del 20 ottobre. Come si potrà smontare la legge Biagi con lo stesso vigore se un rappresentante di Rifondazione definisce «un assassino» Marco Biagi, vittima delle Br? E come potranno i ministri Fabio Mussi, Alfonso Pecoraro Scanio, Alessandro Bianchi e Paolo Ferrero (che hanno annunciato la loro partecipazione) sfilare alla manifestazione?
L’opposizione torna a chiedere «l’espulsione immediata» per Caruso e da tante parti della maggioranza si auspica che il 20 ottobre non ci siano ministri in piazza con Caruso e contro il governo, come invita Gavino Angius. Mai su un deputato sono piovute tante scomuniche: da destra e sinistra, dal Quirinale e dal Vaticano, con la condanna, ieri, dell’Osservatore Romano («sono frasi ripugnanti, che feriscono la democrazia», ha scritto il quotidiano della Santa sede). Ma nonostante la bufera, dalla sinistra radicale non si molla il campo di battaglia «contro la legge Biagi». Uno slogan, ormai.
In silenzio, per ora, il presidente della Camera Fausto Bertinotti, che però ha telefonato a Tiziano Treu, per dimostrargli la «sua solidarietà»: «Abbiamo parlato della valutazione molto negativa di questo fatto», ha raccontato il presidente ulivista della commissione Lavoro di palazzo Madama. Treu non rafforzerà la scorta, «ma si conferma la necessità di averla, visto il clima... », ha ammesso.
Gli apparati di Rifondazione continuano a scaricare Caruso: il giornale del partito, Liberazione, ieri ha chiesto scusa alla famiglia di Marco Biagi con un editoriale del direttore Piero Sansonetti, per la dichiarazione «delirante e offensiva» dell’onorevole no-global. Il capogruppo alla Camera, Gennaro Migliore, ha mantenuto la linea dura, ma ha preso tempo: «L’espulsione? A Rifondazione le cose non le decidiamo con editti d’agosto, valuteremo alla ripresa a settembre».
«Incomprensibile attendere fino a settembre», ha risposto Luca Volontè dell’Udc. L'espulsione «immediata» viene chiesta anche dalla Lega: «Le parole di Caruso creano il presupposto perché qualche pazzo... », ha azzardato il vicepresidente del Senato Roberto Calderoli. Secondo l’ex ministro del Welfare Bobo Maroni «le dichiarazioni degli esponenti della sinistra radicale sono troppo deboli e rasentano l’ambiguità», mentre il vicecoordinatore di Forza Italia Fabrizio Cicchitto allarga il campo delle accuse: «Il libro di Beppe Grillo costituisce l’entroterra culturale dell’infame espressione di Caruso».
Ma il dato politico di ieri è stata soprattutto la presa di distanza di buona parte del governo dalla manifestazione d’autunno contro la legge Biagi e, dall’altra parte, l’imbarazzata difesa di questo appuntamento dall’ala più intransigente dell’Unione, nonostante Caruso: ad Angius che evidenzia il «problema politico serio per il governo» qualora nella stessa piazza dovessero sfilare si Caruso sia alcuni ministri, si associa Rosy Bindi: il Prc deve «prendere decisioni forti», dice, e «aprire un chiarimento al proprio interno». L’Udeur arriva a minacciare: «O noi o Caruso», mentre l’Italia dei Valori chiede l’annullamento della manifestazione. I ministri non devono scendere in piazza, a prescindere da Caruso, sottolinea Antonio Di Pietro: «Caruso ha preso troppi pochi schiaffi da piccolo», lo seppellisce.
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