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Intercettazioni d’oro a Milano, conto da 19,5 milioni

MilanoMetà della torta se la mangia il Grande Orecchio. Ed è un’enorme fetta, che vale quasi 20 milioni di euro. Perché se è vero che le intercettazioni diminuiscono in numero, è vero anche che si divorano ancora oggi gran parte del bilancio destinato alle spese di giustizia della Procura di Milano. Per l’esattezza, il 50,2 per cento delle risorse provenienti perlopiù dal Ministero. Tradotto, si tratta di 19,5 milioni su un totale di 38,8.
Il dato - riferito al bilancio di responsabilità sociale 2010-2011 della Procura - impressiona. E deve aver colpito i vertici degli stessi uffici giudiziari, se è vero che da più di un anno il contenimento del costo degli ascolti è diventata una delle priorità. Il new deal risale proprio al 2010, quando una direttiva interna sollecitava i pm «a una maggiore attenzione nel valutare la necessità del ricorso a uno strumento investigativo» tanto comodo quanto salato. In pratica, Bruti Liberati chiedeva ai suoi aggiunti una stretta significativa, soprattutto sulle richieste di proroga delle intercettazioni, che - evidentemente - venivano presentate (e concesse) con troppa leggerezza. Com’è andata? I numeri dicono che effettivamente il Grande Orecchio di Milano si è messo a dieta: nel 2007-2008, ad esempio, i bersagli erano circa 15mila. Nel 2010, invece, sono stati 9.249. Il che non corrisponde ad altrettante persone fisiche. È frequente, infatti, che un soggetto sotto inchiesta disponga di più di un’utenza telefonica. «I dati - si legge nel documento - smentiscono che siamo tutti intercettati». E diminuendo i bersagli, diminuiscono le spese. Che tuttavia restano ancora a otto zeri. L’ultimo triennio ha registrato una riduzione del 35 per cento degli ascolti, accanto a una riduzione dei costi (ancora in via di quantificazione) grazie all’accordo siglato nel 2010 con le società che svolgono le intercettazioni per conto della Procura. Tanto per fare un esempio, è stato fissato in 10 euro più Iva il tetto massimo per il costo giornaliero di un’intercettazione telefonica. Oltre non si va. Spiega Bruti che «le intercettazioni, sia ambientali che telefoniche, sono uno strumento essenziale e irrinunciabile per l’attività della Procura», che vanno «attentamente monitorate per il costo economico, ma soprattutto per la forte invasività nella privacy delle persone», e che «una netta riduzione sia del numero sia dei costi non ha comportato alcuna conseguenza negativa in termini di efficacia delle indagini». Il che, in qualche modo, è come dire che in passato qualche pm ne abbia abusato.
L’obiettivo di Bruti, dunque, è «razionalizzare». Anche perché per gli uffici si continua a spendere molto, non solo a causa delle intercettazioni. Nel 2010, infatti, l’amministrazione della giustizia a Milano è costata alla Procura 38,8 milioni di euro.

Grande Orecchio escluso, e tolti quasi 5 milioni di euro per tenere in piedi il palazzaccio (locazione, manutenzione, energia eccetera) 18,5 milioni se ne sono andati per pagare la custodia dei beni sequestrati, i consulenti e gli interpreti, l’assistenza testimoni e le spese postali.

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